Escursione su un lungo percorso della Via Francigena
nel Lazio, con i soci del CAI di Aosta (7-12/10/2019)

(In cammino sui sentieri storici da Viterbo a Roma)



Cronaca della 1° Tappa
(Martedì 08-10-2019)

Viterbo (Porta FAUL) -> Vetralla (VT)
(km 18 - ore 8)

Escursione organizzata dal CAI di Aosta
e guidata nelle ultime 5 tappe da Enea Fiorentini
(socio del C.A.I. sez. di Roma e della G.M. ["Giovane Montagna"] sez. di Roma)


Cronaca a cura di Enea Fiorentini




 
           NOTE VARIE:

  1. Viterbo e la sua storia:    ->>> Back

    [ Viterbo è il capoluogo dell’omonima provincia nel Lazio settentrionale, nota anche come Tuscia o Alto Lazio.   Ha antiche origini (si ritiene che Viterbo derivi dal latino Vetus Urbs, cioè Città Vecchia) e ha un vasto centro storico, con alcuni quartieri medioevali ben conservati, cinto da mura e circondato da quartieri moderni, tranne che ad ovest, dove si estendono zone archeologiche e termali (necropoli di Castel d’Asso, sorgente del Bullicame).   Viterbo è nota come la Città dei Papi: nel XIII secolo fu infatti sede pontificia e per circa 24 anni il Palazzo Papale ospitò o vi furono eletti vari Papi.   Papa Alessandro IV decise nel 1257 il trasferimento della Curia Papale nella città a causa del clima ostile presente a Roma.   Qui il soggiorno papale durò, salvo brevi interruzioni, fino a quando papa Martino IV, appena eletto (22 febbraio 1281), allontanò definitivamente la corte pontificia da Viterbo per recarsi, non a Roma, ma ad Orvieto.
    La città sorge a 326 metri sul livello del mare, all’interno di un ampio falsopiano, situato sulle prime pendici settentrionali del Monte Palanzana (che i viterbesi chiamano semplicemente La Palanzana), appartenente al gruppo dei Monti Cimini, rilievi di origine vulcanica che fanno parte, a loro volta, dell’Antiappennino laziale.
    Il falsopiano sul quale si trova il centro cittadino si distende ad ovest verso la pianura maremmana.   La città è attraversata per tutta la sua lunghezza, con decorso est-ovest, dal Fosso Urcionio, che oggi scorre quasi completamente nel sottosuolo, mentre scorreva in superficie fino ai primi decenni del Novecento.
    Si hanno tracce d’insediamenti neolitici ed eneolitici e varie tracce, specie nel sottosuolo, di presenze etrusche nella lontana storia di Viterbo, ma alcuni storici sono portati a credere che nel periodo etrusco l’insediamento non raggiungesse lo stato di vicus, mentre le fantasiose teorie quattrocentesche dell’erudito frate Annio (autore di quel complesso e monumentale falso storico noto come Antiquitatum Variarum) hanno addirittura supposto che vi fosse in loco una tetrapoli etrusca, sulla base dalla sigla FAVL che, secondo tali teorie sarebbe un acronimo formato dalle iniziali di quattro cittadine (Fanum, Arbanum, Vetulonia, Longula).
    Più plausibile appare l’identificazione di Viterbo con la città etrusca Surina, sostenuta da studiosi del XX secolo.   Dopo la conquista romana vi fu costituito, con ogni probabilità, un insediamento militare, chiamato Castrum Herculis per la presenza nella zona di un tempio che si riteneva dedicato all’eroe mitologico (il leone simbolo di Viterbo deriva da questo aneddoto).   Notizie più certe si hanno con la cittadina dell’Alto medioevo, che trae origine da un "castrum", cioè una fortificazione longobarda posta al confine tra i possedimenti longobardi nella Tuscia e il ducato bizantino di Roma: il colle di San Lorenzo, ricordato nella donazione di Sutri tra le proprietà che Liutprando promette alla Chiesa nel 729, fu fortificato nel 773 da Desiderio, nell’ultimo periodo della sua contesa con Carlo Magno.   Un documento papale dell’852 riconosce il Castrum Viterbii come parte delle terre di San Pietro, mentre Ottone I annovera il castello tra i possedimenti della Chiesa.   Nell’XI secolo l’incremento demografico contribuì alla nascita di nuclei abitativi fuori dal castrum, e, attorno al 1090, a un primo tratto di mura.   La scelta dei primi consoli sancì, nel 1099, il passaggio a istituzioni comunali.   Viterbo, divenuto libero comune nel XII secolo, si assicurò il possesso di numerosi castelli.   La protezione di Federico I Barbarossa, presente nella città nel 1162, che riconobbe la costituzione in comune di Viterbo, consentì una legittimità alla sua politica di espansione.
    Nel 1172 venne distrutta la città di Ferento il cui simbolo (una palma) fu aggiunto al leone, simbolo di Viterbo (l’emblema vigente è costituito appunto da un leone addossato ad una palma).   Sempre attorno al 1190, venne assediata Corneto (odierna Tarquinia), mentre l’imperatore Enrico VI (divenuto tale nel 1190 alla morte del padre Federico I Barbarossa, annegato nel fiume Saleph in Cilicia, nel Sud-Est dell’Anatolia, in prossimità della Terra Santa, durante la terza crociata) attaccò Roma con l’esercito viterbese. ]



  2. Fontana Grande nell’omonima Piazza di Viterbo:    ->>> Back

    [ È la fontana più grande di Viterbo.   Risale al 1212 e fu finanziata dal Comune.   Il lavoro fu eseguito da Bertoldo e Pietro Di Giovanni.   Nel 1272 fu chiamata fontana Sepale, forse per le colonnine che la circondavano.   La fontana viene alimentata da un antico acquedotto, opera del console Mummio Nigro Valerio Vigeto.   A pochi metri si trova la Chiesa di San Giuseppe e Teresa, oggi chiusa.   Fino a pochi anni fu sede del Tribunale, reso famoso per il processo Pisciotta ( Bandito Giuliano ). ]



  3. I Profferli di Viterbo:    ->>> Back

    [ Caratteristici della città di Viterbo sono i "profferli" (da "proferulum" = posto davanti, derivato da "profero" = porto davanti), cioè scale esterne in pietra, generalmente di una sola rampa che univano il piano terreno con quello rialzato di abitazioni di una certa importanza, normalmente appartenenti a casate nobili locali.   La struttura dei profferli è generalmente costituita da un’arcata addossata al muro della casa, sulla quale sono costruiti i gradini.
      La scalinata normalmente non aveva ringhiere verso il lato non addossato al muro e la sua disposizione era sempre orientata in maniera tale da prevedere la salita da destra verso sinistra.   Ciò era considerato un primo livello di difesa poichè, in caso di attacco di nemici armati in quell’epoca con spade e pugnali e quasi sempre destrorsi (e non mancini), essi, durante la salita di queste gradinate, avrebbero avuto difficoltà ad affrontare i difensori.   L’assalitore avrebbe trovato difficoltà ad usare la propria arma con la mano destra, poichè si sarebbe trovato il braccio destro praticamente addossato al muro mentre saliva la scalinata; il difensore invece avrebbe trovato maggiore libertà e facilità a manovrare la propria spada con la mano destra.   Lo stesso assalitore avrebbe anche rischiato di cadere dalla scala senza parapetto, essendo costretto a spostarsi dal muro per manovrare meglio con la mano destra.   Si tratta di un semplice stratagemma, ma studiato dopo anni e anni di esperienza, per proteggersi meglio da attacchi e agguati.
    I "profferli" rappresentano ancora oggi una parte della storia medievale di Viterbo e sono degli artistici e monumentali ornamenti delle case storiche di Viterbo, ancora efficienti seppur avendo perso il loro scopo difensivo. ]



  4. La Chiesa di S.Angelo in Spatha (sec. XI-XVIII) in Piazza Plebiscito a Viterbo: ->>> Back

    [ La Chiesa di Sant’Angelo in Spatha chiude uno dei lati di Piazza del Plebiscito su cui, dal XIII secolo, si affacciano le principali sedi amministrative.   I rintocchi della campana di questa chiesa richiamavano al raduno i membri del consiglio comunale.   La Chiesa ha origini molto antiche.   Probabilmente era la piccola pieve del Vico-Biterbo, cioè della borgata antecedente alla formazione della città.   La sua fondazione risale ad un periodo compreso fra il 1078 e il 1088, quando fu eretta in forme tipicamente romaniche.   L’impianto primitivo della chiesa corrispondeva alla tipologia basilicale a tre navate terminanti in altrettante absidi, in linea con lo schema architettonico diffuso nell’Italia centro-meridionale nell’arco dell’XI secolo.   Nel 1092 l’importanza della chiesa crebbe, con l’elevazione a Collegiata (chiesa che disponeva di un collegio di chierici, con posizione di rilievo fra le chiese della città); nel 1145 fu riconsacrata dopo aver subito un primo sostanziale restauro promosso da papa Eugenio III (papa dal 1145 al 1153; Bernardo Pignatelli, n. a Pisa nel 1128, m. a Tivoli nel 1153), che dimorò a lungo nel capoluogo della Tuscia.   Nel XIII secolo la posizione eminente della Chiesa di Sant’Angelo era ormai riconosciuta, forse anche per la presenza della "platea sancti Angeli", cioè del grande cimitero antistante, poi distrutto per far posto agli edifici comunali.   Il prospetto originario rovinò nel 1549, quando crollò anche il campanile a torre posto sul lato destro della facciata.
    I nuovi restauri cinquecenteschi furono condotti a termine nel 1560, mentre era sul soglio pontificio Pio IV (papa dal 1559 al 1565; Giovanni Angelo Medici, n. a Milano il 31-3-1499, m. a Roma il 9-12-1565).   Il suo stemma mediceo (anche se non era imparentato con i Medici di Firenze) compare infatti sulla facciata, accanto al leone, emblema della città di Viterbo, insieme a quello della famiglia Piccolomini, che contribuirono a finanziare la ricostruzione della chiesa.   L’interno, che si presenta oggi a navata unica rettangolare, pur avendo ancora le tre absidi a delimitare la zona presbiteriale, fu radicalmente riformulato nella prima metà del XVIII secolo ad opera del Capitolo della Collegiata.   Nella Chiesa di Sant’Angelo in Spatha sono conservate alcune opere pregevoli.
    Nella prima cappella a destra, una tavola con la raffigurazione della Madonna col bambino, parte centrale del trittico trecentesco, riconducibile al pittore di scuola senese-orvietana Andrea di Giovanni.   Sul terzo altare a destra, un crocifisso anch’esso trecentesco.   Infine, posta sull’altare maggiore, la Madonna col bambino e santi, realizzata da Filippo Caparozzi.   Sul lato esterno destro della facciata insiste il sepolcro della cosiddetta Bella Galiana, una giovane viterbese la cui avvenenza fisica, secondo la leggenda, era pari alla sua rettitudine morale.   La sua storia leggendaria è raccontata nella mia Cronaca della camminata del 2005 con i giornalisti sponsorizzati dalla RAI Radio 3 (vedi la relativa nota, pubblicata al punto 9 di queste note).   Elemento portante del monumento è il sarcofago classicheggiante ornato da una scena ad altorilievo raffigurante la Caccia al Cinghiale, copia posta in sostituzione dell’originale romano del III secolo d.C. conservato presso il Museo civico della città.   Due lapidi con iscrizioni in latino, poste al di sopra dell’arca, ricordano la sepoltura della giovane viterbese, avvenuta nel 1138. ]



  5. Chiesa del Gesù (o di San Silvestro):    ->>> Back

    [ La Chiesa risale all’XI secolo e rivestì un ruolo primario nella vita cittadina fino a metà duecento.
    Vari ordini e corporazioni si alternarono nell’officiarla: l’Arte degli Ortolani, i Gesuiti, i Carmelitani Scalzi, i Penitenti e la Confraternita del nome di Gesù da cui derivò il nome con il quale ancora oggi viene più spesso chiamata.
    Dopo anni in abbandono, fu restaurata nel 1987 e affidata ai Cavalieri e alle Dame dell’Ordine Equestre del San Sepolcro.   La facciata della Chiesa termina singolarmente in un campanile a vela; il portale architravato è sormontato da una lunetta avente un affresco raffigurante una Madonna col Bambino.
    Sopra la lunetta c’è il simbolo della confraternita del Nome di Gesù e quindi una monofora.
    Nel campanile sono inseriti fregi marmorei di epoca antecedente, così come i due leoni sugli spioventi.
    Sulla parte posteriore c’è un altro campaniletto a vela.   L’interno è ad una navata molto semplice con il soffitto a capriate, due monofore per ogni parete e un oculo sovrastante la piccola abside.   Sulle pareti e nell’abside vi sono affreschi votivi che vanno dal ’300 al ’500.   Al centro del presbiterio c’è un Crocifisso ligneo del ’600 proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Nuova.   Al suo interno, il 13 marzo 1271, mentre poco distante si svolgeva il Grande Conclave, Guido di Montfort (con l’aiuto del fratello Simone) uccise Enrico di Cornovaglia (nipote del Re d’Inghilterra), per vendicare la morte di suo padre Simone V conte di Leicester ucciso, insieme a un fratello, nella battaglia di Evesham nel 1265, dalle truppe del re d’Inghilterra in quanto si erano a lui ribellati, facendo poi mutilare i loro cadaveri dopo averli trascinati nel fango.
    Questo di Viterbo del 1271 fu un atto di spietata vendetta familiare (Guido era anche cugino con Enrico), che venne citato da Dante nel XII canto dell’Inferno (v.115-120), in versetti che sono riportati nella targa rievocativa posta sulla facciata esterna della chiesa:

    "... Poco più oltre il centauro s’affisse
    sovra una gente che infino alla gola
    parea che di quel Bulicame uscisse.

    Mostrocci un’ombra dall’un canto sola,
    dicendo: colui fesse in grembo a Dio
    lo cor che in sul Tamigi ancor si cola... "

    Davanti alla Chiesa, sulla piazza, si erge l’elegante rinascimentale Fontana del Gesù proveniente dal demolito convento di San Domenico.   All’ingresso della piazza si erge l’imponente Torre del Borgognone (XII sec.). ]



  6. Il primo Ostello per pellegrini di Viterbo - Casa di Guidone e Diletta del ’200:    ->>> Back

    [ Davanti alla porta della Casa di Guidone e Diletta è ancora presente la lastra in marmo, contenente il testo inciso in caratteri latini, che rappresenta la donazione della loro casa al popolo di Viterbo perchè sia destinata ad ospitare i pellegrini in transito.   Si tratta di una specie di testamento scolpito nella pietra che è qui, fin dal 1150 (0 1200) a testimoniare la presenza di un primo e inedito Ostello di questa città.   Una targa, posta a fianco della lastra, riporta la relativa traduzione in italiano:

    « Io Guido, con Diletta, mia moglie, per la redenzione dell’anima nostra,
    dei nostri parenti e di tutti i fedeli, faccio dono di questa casa per "ospedale dei pellegrini"
    con ogni sua dipendenza, ai servi dei servi di Dio, per l’eternità, senza condizione alcuna.
    Nessun vescovo, o abate, o altra persona, abbia potere di disporre o asportare alcunché
    da questo luogo, senza il parere di tutti i chierici e laici, maggiori e minori di questa Città.
    Se alcuno vorrà fare altrimenti, cada sotto il castigo di Dio onnipotente, della Beata Maria
    sempre Vergine, dei santi angeli e degli apostoli e di tutti i santi, e sia condannato insieme
    con Giuda, Pilato, Anna, Caifa, Datia, Abiron, Erode e tutti coloro che al Signore Iddio
    dissero "Sta lontano da me": fiat, fiat.
    Ordiniamo inoltre ai possessori di questa casa di onorare secondo le proprie possibilità
    i giorni di festa consacrati alla santa Vergine Maria e a S. Giovanni Evangelista. » ]



  7. Il Palazzo dei Papi di Viterbo:    ->>> Back

    [ A fianco della cattedrale di San Lorenzo si trova il "Palazzo dei Papi".   Si tratta del principale monumento viterbese, praticamente il simbolo della città, teatro di avvenimenti fondamentali non solo per Viterbo, ma anche per la storia della Chiesa.   La sua costruzione voluta dal capitano del popolo Raniero Gatti (della fazione Guelfa), ebbe inizio nel 1255 e terminò nel 1267.   Appena terminato vi fu accolto il Papa Clemente IV (Guido Fulcodi [o Foulques], francese, nato a Saint-Gilles-sur-Rhone nel 1195 e morto a Viterbo il 29 novembre 1268) che favorì l’ascesa degli Angioini, in particolare di Carlo I° d’Angiò nella conquista del Regno di Sicilia e di Napoli e successivamente anche del Centro Italia e della Toscana.   Tutta questa iniziativa era volta a ostacolare le pretese dinastiche sul territorio italiano degli Hohenstaufen che con Manfredi prima (morto nella battaglia del 1266 a Benevento contro le truppe di Carlo d’Angiò) e poi con Corradino, duca di Svevia e re di Gerusalemme, reclamavano il loro diritto di tornare sul trono del Regno di Sicilia e di Napoli.   Clemente IV, nel 1267, per cercare di fermare l"avanzata delle truppe di Corradino, pronunciò la scomunica contro di lui e contro i suoi aderenti, deponendolo anche dal trono di Gerusalemme, proprio dalla Loggia dei Papi di Viterbo.   Il 23 agosto 1268, il povero Corradino fu sconfitto da Carlo d’Angiò in battaglia a Tagliacozzo; venne catturato, processato e decapitato.   Il trionfo di Clemente IV durò poco, infatti fece in tempo a vedere che il potere di Carlo d’Angò non si confinava solo nel Regno di Sicilia ma si stava allargando anche al centro e al nord dell’Italia minacciando anche gli Stati della Chiesa.
    Clemente IV morì nel novembre dello stesso 1268 e fu seppellito nel convento domenicano di Santa Maria in Gradi, fuori delle mura.   La morte di questo Papa diede l’inizio ad un periodo d’instabilità nella Chiesa, sia per reciproche rivalità tra i Cardinali per il desiderio di proprie elezioni al soglio pontificio e per atteggiamenti diversi nei confronti di Carlo I° d’Angiò che intendeva estendere il proprio potere al di fuori del Regno di Sicilia.   Queste discordie culminarono nel Conclave che si protrasse per trentatré mesi fino a far intervenire il popolo inferocito di Viterbo e i suoi rappresentanti per far accelerare, anche con sistemi drastici, la nuova elezione papale.   Parlando di questo edificio, notiamo a sinistra il corpo principale del Palazzo dei Papi che si affaccia dall’altro lato sulla valle di FAVL appoggiandosi su imponenti contrafforti.
    Esso è preceduto da un’ampia scalinata con due colonne alla sommità e dove, su un ballatoio sorretto da un arco, si apre l’ingresso della "Sala del Conclave" sormontato da uno stemma di San Bernardino.
    Nella sala insistono dodici finestre a bifora (sei per parte) e altrettante a feritoia sopra di esse; il pavimento è in lastroni di peperino originali.   A destra c’è la stupenda loggia gotica detta "Loggia dei Papi" e anche "Loggia delle Benedizioni" dalla quale si affacciava il Papa ai fedeli; loggia ultimata da Andrea di Berardo Gatti.   Al centro del ballatoio c’è una fontana composta da una vasca di base del ’400 con stemmi della famiglia dei Gatti, di Papi e vescovi e da una vasca superiore con teste di leone e pinnacolo, questi ultimi risalenti al ’200.   Tutta la loggia è sorretta da due grandi archi a sesto ribassato e da un enorme pilastro ottagonale che aveva la funzione di cisterna d’acqua.   Il Palazzo Papale è unito alla Cattedrale di San Lorenzo da una serie di costruzioni di varie epoche. ]



  8. Il Conclave del 1268-1271 e la sua Sala a Viterbo:    ->>> Back

    [ La morte di Papa Clemente IV nel novembre 1268 a Viterbo, diede inizio ad uno dei più lunghi periodi di sede vacante della storia della Chiesa.   Le lotte tra i Cardinali per ottenere una propria elezione o quella di un rappresentante della propria fazione, insieme con una indubbia insofferenza nei confronti di Carlo I° d’Angiò, allora Re di Sicilia, mirante ad estendere il proprio dominio su altri territori del centro e del nord d’Italia, fecero sì di prolungare le sedute dei Cardinali per la nuova elezione papale.
    I cardinali protrassero le loro discussioni per trentatré mesi (quasi 3 anni) senza alcun successo.   poiché la pubblica indignazione aumentava, le autorità civiche, guidate dai Gatti, per sollecitare una decisione, dapprima rinchiusero "cum clave" i Cardinali nella Sala del Palazzo papale, poi tolsero il tetto lasciando i religiosi al freddo e alla pioggia, e quindi minacciarono di sospendere i viveri.   Infine, avendo delegato la scelta a una commissione di 6 persone, il collegio cardinalizio elesse, il 1° settembre 1271, Teodaldo Visconti (nato a Piacenza nel 1210 e morto ad Arezzo il 10 gennaio 1276) che, come arcidiacono di Liegi, si trovava in quel momento in Palestina e partecipava alla crociata insieme al futuro Edoardo I d’Inghilterra.
    Egli, avendo saputo ad Accri (in Palestina, oggi Akko in Israele), di essere stato eletto papa, il 10 febbraio 1272 raggiunse Viterbo; poi si recò a Roma, nella quale i suoi due predecessori non avevano mai messo piede, e dopo essere stato ordinato presbitero, fu consacrato in San Pietro il 27 marzo, prendendo il nome di Gregorio X.   Egli stesso, e poi i successori, attraverso proclami e concilii, si proposero di impedire l"eccessivo protrarsi dei periodi di vacanza della Santa Sede, stabilendo che i Cardinali dovessero riunirsi non più tardi di 10 giorni dopo la morte del Papa nel luogo in cui essa era avvenuta e rimanendo insieme senza contatti con il mondo esterno.   Essi dovevano essere sottoposti a condizioni sempre più disagiate man mano che il procedimento elettorale si prolungava.   Era nato così l’embrione del moderno Conclave.
    Dopo di lui i Papi che ebbero la loro sede a Viterbo furono Adriano V (dal luglio 1276), Giovanni XXI (dal settembre 1276), Niccolò III (dal novembre 1277) e Martino IV (dal febbraio 1281).   Comunque Viterbo continuò per secoli ad ospitare temporaneamente Papi e alti ecclesiastici ed è tuttora chiamata "Città dei Papi". ]



  9. La leggenda della Bella Galiana:    ->>> Back

    [ Attraversando la Valle di FAUL e uscendo da Porta FAUL, l’escursionista non può fare a meno di volgere lo sguardo alle poderose mura di Viterbo e alle possenti torri che la proteggono sul suo lato ovest.   Una di queste torri, posta sulla destra della porta guardando la città dall’esterno, è conosciuta ancora oggi come la Torre della Bella Galiana.   Aloni di leggenda avvolgono le vicende di questa leggiadra fanciulla vissuta a Viterbo nei primi anni del XII secolo.   Era così bella ed attraente da essere definita la sesta meraviglia di Viterbo.   La leggenda, ripresa nel 1742 da Feliciano Bussi, narra che un barone romano si fosse invaghito della Bella Galiana a tal punto da cingere in assedio Viterbo pur di rapire la fanciulla.   Ma poiché l’assedio, protrattosi per un certo tempo, non produceva i risultati voluti, si arrivò ad un compromesso, cioè quello di far vedere la Bella Galiana al barone, mostrandola dall’alto delle mura, dopo aver abbattuto qualche merlo per farla osservare meglio.   Il finale della leggenda ha vari scenari più o meno oscuri: una prima versione racconta che i Romani, dopo aver visto la Bella Galiana, ritornarono contenti a Roma.   Una seconda versione narra che il barone, vedendo siffatta bellezza e non potendo avere la fanciulla, l’uccise con un colpo di balestra.   Una terza versione fa sopravvivere all’assedio la Bella Galiana.
    Infatti Frisigello, un paggio ovviamente innamoratissimo di lei, le avrebbe fatto scudo col proprio corpo sacrificandosi, ma salvandole la vita.   Un’altra leggenda parla di una scrofa bianca che divorava una bella vergine ogni anno, offerta dalla popolazione del contado in sacrificio.   Quando toccò il turno di Galiana, bellissima vergine, un leone (proveniente dalla selva cimina) divorò la scrofa e le salvò la vita.
    Alcuni sostengono che il leone, anche per questo motivo, è divenuto il simbolo di Viterbo. ]



  10. La Via Francigena tra le fonti termali attorno a Viterbo:    ->>> Back

    [ Già da lontano i pellegrini, stanchi ed impolverati dal lungo cammino, pregustavano i bagni ristoratori ed igienici nelle fonti termali del viterbese.   I malati e i feriti consideravano la sosta in questi luoghi quasi miracolosa, poiché essa offriva loro una sicura possibilità di curarsi e di riposare.   Tutto il territorio è di origine vulcanica e la zona a sud di Montefiascone e sulla direttrice di Capranica ha numerose polle di acque termali e di vapori anche in aperta campagna.   Queste fonti furono utilizzate già dagli etruschi e dai romani, come testimoniano numerosi resti archeologici.   Sono per lo più acque sulfuree e solfato-bicarbonato-alcaline usate per fanghi, bagni, inalazioni ed irrigazioni.   Curano molti malanni, ma soprattutto reumatismi, artriti, ipertensione e malattie della pelle.   I nomi sono molto suggestivi: Bagnaccio (da cui si preparano fanghi contro i reumatismi), Bacucco (con imponenti resti termali romani, tra cui il primo "Spedale per lebbrosi", nell’area chiamata "Amalatia"), Bullicame (dove l’acqua sgorga a 65° gradi ricca di acido solfidrico, che ossidandosi all’aria deposita zolfo sul terreno circostante).   Altre fonti hanno nomi più gentili, quali Gigliola, Oliveto e Crociata (molto conosciuta per la cura di malattie cutanee).   "Le Terme del Papa" sono lo stabilimento termale più rinomato.   Il nome ricorda che qui cercarono sollievo Gregorio IX nel XIII secolo e successivamente dal XV secolo, Bonifacio IX, Nicolò V, Pio II ed il cardinale Bessarione.   Queste fonti contribuirono alla ricchezza degli abitati vicini, come Sancte Valentine, un borgo oggi distrutto, che si trovava sulla via Cassia.   Il ponte romano vicino a questo abitato era il Ponte Cammillario, la cui poderosa struttura e larghezza di quasi 13 metri è segno della potenza della città.   Queste acque termali furono menzionate non solo da citazioni latine ma anche da diversi scrittori di varie epoche. ]



  11. La deviazione della Via Francigena a Viterbo:    ->>> Back

    [ Da dati storici si conosce l’esistenza del Borgo di San Valentino e della sua chiesa.   In un documento del 788 appare la sua definizione come: "Sce Valentine in Silice".   Questa denominazione indica generalmente la presenza di una pavimentazione massiccia, cioè romana e quindi della Via Cassia.   Durante il viaggio compiuto negli anni 990-994, Sigerico ricorda nel suo diario la sosta in questo borgo di Sancte Valentine (submansio VI, indicato come Aquas Passaris sulla "Tabula Peutingeriana"), utilizzato come stazione intermedia tra Forum Cassii (Furcari, submansio V) e Montefiascone (Sancte Flaviane, submansio VII).   Ulteriore riferimento sull’esistenza di questo borgo è data dalla presenza dell’imperatore tedesco Enrico IV, che rilasciò qui una pergamena (in Burgo de Sancto Valentino) nel 1084 di ritorno dalla propria incoronazione a Roma, durante una sosta in queste zone.   Visti l’interesse economico e la fama che derivavano dal continuo passaggio di mercanti, di merci e di pellegrini i Viterbesi, che vivevano in un piccolo agglomerato di case fuori mano, nel 1137 distrussero l’intero Borgo di San Valentino incluse le chiese, deviando verso la loro città il percorso della Via Francigena e conseguentemente l’importante direttrice commerciale.   Così crebbe l’importanza di Viterbo mentre diminuì quella della altre città della Tuscia, in parte anche a causa di successive distruzioni delle stesse (come nel caso di Vulci, Gravisca, Ferento).   La stessa Tuscania vide diminuire molto la propria influenza tanto che, per lungo tempo, fu chiamata Toscanella (un termine considerato spregiativo).   Nei diari di viaggio di altri illustri personaggi (come l’abate islandese Nikolaus di Munkathvera), che seguirono la Via Francigena dopo il 1154, non si fa più cenno del percorso originario, mentre si fa riferimento alla sosta di Viterbo.   In questo nuovo itinerario, per la prima volta non vengono nominate le due "stationes" di Forcassi e di San Valentino.   Nel 1191, 40 anni più tardi, uno dei viaggiatori famosi sulla Via Francigena, Filippo II Augusto re di Francia provenendo da Roma di ritorno dalla III° Crociata, nomina Viterbo nei suoi diari come "Biterve". ]



  12. Il progetto "Lo spazio del cielo" a Fossato Callo a Foro Cassio di Vetralla:    ->>> Back

    [ Il 12 luglio 2019 sono state inaugurate tre delle quattro opere previste dal progetto "Lo spazio del cielo" realizzato da CoopCulture e diretto da Arci Viterbo con la cura di Marco Trulli.   "Lo spazio del cielo" è un progetto di arte contemporanea sul cammino della Via Francigena nel tratto compreso tra Viterbo, Vetralla e Caprarola, risultato tra i 7 progetti selezionati dalla Regione Lazio nell’ambito dell’Avviso Pubblico Arte sui Cammini.   CoopCulture è la più grande cooperativa operante nel settore dei beni e delle attività culturali in Italia e opera attualmente in oltre 250 siti in Italia, tra musei, biblioteche, luoghi d’arte e di cultura.
      Le prime tre opere realizzate sono di Matteo Nasini a Caprarola, Elena Mazzi a Vetralla e Alfredo Pirri a Viterbo.   Il titolo del progetto deriva dalla radice del termine "contemplazione" ovvero dal latino "cum templum" (nel mezzo dello spazio del cielo).   Si tratta dello spazio identificato dal "lituo degli aùguri", uno spazio tracciato che veniva suddiviso poi in regioni faste e nefaste allo scopo di trarne presagi dal volo degli uccelli e riprodotto sul terreno per identificare dei luoghi dove compiere sacrifici per gli dei.   Dunque, il "templum" è la geografia sacra che, proprio nel territorio dell’antica Etruria, ha suggerito l’identificazione delle prime aree in cui fondare i luoghi di culto.
    (Note tratte liberamente dal sito: http://www.arciviterbo.it/2019/07/01/lo-spazio-del-cielo-2/) ]



  13. L’artista Elena Mazzi e la sua opera <300.000 anni in 344 centimentri>:    ->>> Back

    [ Elena Mazzi nasce nel 1984 a Reggio Emilia, si forma a Siena e Venezia, trascorrendo un periodo di studi all’estero presso la Royal Academy of Fine Art di Stoccolma e oggi vive e lavora a Venezia.   A Vetralla l’intervento artistico di Elena Mazzi si inserisce all’interno del Parco Naturale di Fossato Callo, nei pressi del Foro Cassio, nel quale è stata realizzata la sistemazione paesaggistica e il recupero dei lavatoi in peperino.   La sua opera fa riflettere sulle trasformazioni geologiche del territorio all’interno di un progetto integrato di risistemazione di questa area naturalistica.   "300.000 anni in 344 centimetri", scultura di Elena Mazzi, realizzata in collaborazione con l’artista svizzera Regula Zwicky, è una lunga lastra di peperino elevata tramite un piedistallo in corten all’altezza della mano, sulla quale è scolpita una sorta di mappa sensibile delle diverse lave dell’eruzione vulcanica del vulcano vicano, presenti nell’area di Vetralla.
    (Note tratte liberamente dal sito: https://www.finestresullarte.info/flash-news/1792n_elena-mazzi-vince-premio-
    casoli-2018.php) ]



  14. Il complesso e la Chiesa di Santa Maria Forcassi a Foro Cassio:    ->>> Back

    [ Il complesso è sorto sui resti di Forum Cassii che in epoca romana ha rappresentato è il più importante abitato del territorio di Vetralla.   L’insediamento nacque come "statio" lungo la via Cassia (intorno alla metà del II sec. a. C.), direttrice viaria che, durante il Medioevo, divenne un rilevante itinerario religioso: la Via Francigena, che faceva da collegamento tra l’Europa del nord, l’Italia settentrionale e Roma e che viene tuttora percorso da numerosi pellegrini.
    La prima attestazione dell’esistenza di una "massa" in questo sito risale al IX secolo ed è testimoniata dalla Bolla di Leone IV con la quale il Papa concesse al vescovo Omobono di Toscanella vari territori, tra cui viene citata appunto la "massa" di Forum Cassii.   Forse il primitivo impianto strutturale della chiesa risale a questo periodo.   Papa Eugenio III nel 1145, anno in cui bandì la seconda crociata proprio dal Castello di Vetralla, donò tale "massa" all’Ordine Gerosolimitano che vi impiantò un Ospizio per i pellegrini e gli infermi.   Nel XIII sec. il luogo venne dotato di un lebbrosario.   Nel 1449 la chiesa venne dedicata alla SS.Annunziata come segno di riconoscenza per aver salvato Vetralla da un’epidemia che aveva colpito il territorio.   All’inizio del XVI sec. la chiesa passò all’Ordine dei Cavalieri di Malta sotto la cui egida rimase fino agli inizi dell’ ’800.   Il complesso è formato da una serie di edifici che si sono aggiunti nei secoli all’antica chiesa.   Già ampliata col rifacimento romanico sul lato Nord, l’edificio ecclesiale è stato corredato poi su entrambi i lati da una serie di ambienti che hanno cambiato nel tempo la loro funzione.   La chiesa è ricca di tracce pittoriche che ne testimoniano l’uso protratto dall’XI al XVII secolo.   Sulla controfacciata spicca una monumentale Crocefissione divisa in tre sezioni (al centro il Cristo con i ladroni, a sinistra la Vergine con S. Giovanni ed il soldato porta-lancia; a destra da una figura con manto rosso, forse residuo del gruppo delle pie donne), datata tra la metà dell’XI ed i primi decenni del XII secolo.   Nelle absidi si conservano affreschi ascrivibili alla prima metà del XII sec.   Mentre sulla parete sinistra si trovano testimonianze pittoriche (Madonna in Trono col Bambino affiancata da una Crocefissione) attribuiti ad un giovane Masaccio (1423).   Dopo anni di abbandono, e di perdita di alcuni affreschi a causa del dilavamento prodotto da piogge che cadevano da tetti scoperchiati, oggi il complesso è in fase di recupero e restauro.
    (Note tratte liberamente dal sito: https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/
    Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=185677&pagename=57 ) ]

 
 


 Indietro  |   A inizio testo  |   A Cronaca 1° Tappa  |   A altre foto 1° Tappa
 A menu principale trekking Viterbo -> Roma  |   A avvicinamento e arrivo a Viterbo
 A 2° tappa  |   A 3° tappa  |   A 4° tappa  |   A 5° tappa
A Conclusioni e rientro A Conclusioni e rientro  |  A menu camminate francigene A menu camminate francigene  |  A pagina degli aggiornamenti A pagina degli aggiornamenti

Aggiornamenti: 23/02/2020 - 01/03/2020 - 17/04/2020 - 30/04/2020 - 03/05/2020 - 05/05/2020 - 10/05/2020 - 03/06/2020