Escursione su un lungo percorso della Via Francigena
nel Lazio, con i soci del CAI di Aosta (7-12/10/2019)

(In cammino sui sentieri storici da Viterbo a Roma)



Cronaca della 2° Tappa
(Mercoledì 09-10-2019)

Vetralla (VT) -> Sutri (VT)
(km 26 - ore 9)

Escursione organizzata dal CAI di Aosta
e guidata nelle ultime 5 tappe da Enea Fiorentini
(socio del C.A.I. sez. di Roma e della G.M. ["Giovane Montagna"] sez. di Roma)


Cronaca a cura di Enea Fiorentini




 
           NOTE VARIE:

  1. Cenni sulla storia di Vetralla:    ->>> Back

    [ Vetralla si trova sul versante occidentale dei Monti Cimini, nelle vicinanze del cratere vulcanico che ha dato origine al lago di Vico.   Il punto più alto del territorio comunale si trova sulla vetta del boscoso Monte Fogliano (m 964).
    Il nome di Vetralla sembra che derivi dal latino VETUS AULA (Antico luogo) o da VETUS ALIA (altra città -sottinteso- vecchia) con riferimento a Viterbo (VETUS URBS).   Vetralla venne abitata dagli Etruschi come tutta la zona, grazie alla sua posizione dominante e facilmente fortificabile ed è stata occupata con continuità a partire dall’Alto Medioevo.   I Romani si impossessarono della zona attorno al IV sec. a.C.   In epoca romana, il territorio di Vetralla era attraversato da due importanti vie di comunicazione: La Via Cassia e la Via Clodia.   Sulla prima si sviluppò (dal II sec. a.C.), a 2 km dall’attuale Vetralla, un importante centro commerciale denominato "Forum Cassii" (con una stazione di posta) che, in epoca medioevale, divenne un insediamento intorno alla Chiesa di Santa Maria di Forcassi.   Nei pressi dell’antica Chiesa di S. Maria di Forcassi, già luogo di sosta di Sigerico durante il suo viaggio di ritorno verso Canterbury, sono presenti alcuni muri e parte della pavimentazione del Forum Cassii romano.   Questo luogo è citato da Sigerico, nel suo diario di viaggio, come "Furcari Submansio V".   Questa località era una tappa usuale per i numerosi pellegrini che percorrevano la Via Francigena.   Nel tardo impero la popolazione, ridotta numericamente, si spostò nell’attuale posizione più facilmente difendibile.   Dopo il crollo dell’impero romano, tutta la zona venne invasa e controllata da varie popolazioni barbare, che si succedettero e si sovrapposero per circa 3 secoli.   Il nucleo fortificato di Vetralla e il suo territorio fu incorporato nei possedimenti papali (Patrimonio di San Pietro) fin dalla loro origine storica grazie alla "Donazione di Sutri (del 728)" effettuata dal re longobardo Liutprando (712-744) a favore del papa Gregorio II (Gregorio romano n. a Roma nel 669 - m. a Roma il 11-2-731).   Tra gli anni 1110 e 1134 fu sotto il dominio dei signori di Viterbo.   Dalla data della sua elezione il 15 febbraio 1145, il papa Eugenio III (Bernardo Pignatelli [o Paganelli], n. a Pisa nel c. 1090 - m. a Tivoli l’ 8-7-1153) si installò a Viterbo e a Vetralla per sfuggire alla violenza e alle lotte intestine di Roma (allora retta a comune e antagonista del dominio papale) e da qui indisse la Seconda Crociata con la bolla "Quantum Praedecessores" del 1 dicembre 1145, incaricando il famoso abate Bernardo di Chiaravalle (n. a Digione nel 1090 - m. a Clairvaux il 20-8-1153) di appoggiare la Crociata mediante la predicazione; crociata (1147-1149) poi fallita e interrotta davanti a Damasco.   Questo territorio fu assegnato nei secoli a varie famiglie nobiliari legate al papato: gli Orsini, i Di Vico, gli Anguillara e i Farnese.   Ma, per la sua posizione strategica, Vetralla fu spesso oggetto di contesa tra queste grandi famiglie che, a volte, si scontrarono anche con lo stesso papato.   Dal 1345, i Prefetti Di Vico dominarono su Vetralla e su vasti territori dei dintorni, e qui eressero una Rocca fortificata a protezione dei propri possedimenti.   Essi lasciarono a Vetralla alcune testimonianze come il monumento funebre del nobile condottiero Briobris Di Vico (Tiranno al governo di Viterbo, morto nel 1353), figlio di Giovanni III di Vico, e un castello.   Il sarcofago di Briobris è conservato nel presbiterio della Chiesa di San Francesco di Vetralla ed è una pregevole opera dello scultore Paolo da Gualdo Cattaneo scultore umbro operante nel Lazio a inizio ’400 (per altri l’autore sarebbe Paolo Romano da Sezze).   La Chiesa romanica di San Francesco a Vetralla è di notevole interesse, essa è stata ricostruita sul finire del XII secolo, sui resti di una chiesa preesistente.   La parte più antica è la cripta a tre absidi (dell’ VIII sec.).
    Pregevoli sono il portale e il pavimento cosmatesco.   Nel 1435 l’ultimo signore, Giacomo II Di Vico, messosi in contrasto col Papa Eugenio IV (Gabriele Condulmer, n. a Venezia il 11-1-1384 - m. a Roma il 23-2-1447, Papa dal 1431), venne rimosso da tutti i precedenti incarichi e venne catturato in questo castello insieme ai suoi figli Angherano, Francesco, Sicuranza e Menelao, dopo gli scontri con le truppe papaline guidate dal Cardinale Giovanni Maria Vitelleschi (con l’aiuto degli armigeri di Everso II degli Anguillara).   I Di Vico furono imprigionati nel Castello di Soriano nel Cimino, dove Giacomo II Di Vico venne decapitato, il 28 settembre 1435.   Giacomo II Di Vico, figlio di Giovanni IV e nipote di Sciarra Di Vico (quest’ultimo fratello di Giovanni III), fu l’ultimo prefetto perpetuo di Roma della famiglia dei Castelli di Vico.   Vetralla e il suo territorio, dopo essere appartenuto agli Anguillara, tornò sotto la giurisdizione della Chiesa.   Vetralla passò successivamente al cardinale Giovanni Borgia nel 1474.   I Vetrallesi sembrarono accettare di buon grado la protezione della Santa Sede anche se non mancarono episodi di intolleranza.   Uno di questi viene ricordato negli annali col nome di Vespri vetrallesi ed ebbe luogo nel 1493 ai tempi del cardinale governatore Giovanni Borgia, nipote di Papa Alessandro VI.   Più tardi appartenne a Lorenzo Cybo nel 1529 (n. a Sampierdarena nel 1500 - m. a Pisa nel 1549), secondogenito di Franceschetto e di Maddalena de’ Medici, dopo un soggiorno alla corte di Francia divenne (1524) governatore di Spoleto, e successivamente (1530) comandante generale dello Stato Pontificio.   Quindi appartenne al cardinale Alessandro Farnese nel 1534.
    Il 4 aprile 1783 Vetralla ottenne da Papa Pio VI il titolo di "città" e durante la dominazione francese divenne capoluogo del Cantone dei Monti Cimini.   Per tutto l’Ottocento la città vide il passaggio sul proprio territorio di Austriaci, Russi e Napoletani ed in numerose occasioni fu coinvolta nelle vicende del Risorgimento Italiano.
    Vetralla fu anche testimone di episodi della Campagna garibaldina del 1867.   Il Gonfalone del Comune è depositato presso la Casa Comunale ed è rappresentato da uno stendardo con fondo bianco e croce rossa con Stemma Comunale.   Esso è composto da piante di vite con tralci e pampini da cui pendono grappoli di uva nera e bianca su sfondo azzurro con sovrastante corona formata da cinque torri e scritta "Città di Vetralla" e nella parte inferiore un ramoscello di olivo e uno di quercia uniti da una fascia tricolore.   Il relativo Profilo Araldico del 1941, cita: "D’azzurro alla vite con pampini e grappoli accollata ad un palo terrazzato di verde". ]



  2. Lo Sposalizio dell’Albero e il Monastero di Sant’Angelo a Vetralla:    ->>> Back

    [ Vetralla si trova alle falde di Monte Fogliano (964 m.) di origine vulcanica e ricco di boschi di cerro, castagno e faggio.   Secondo la leggenda, se i Vetrallesi l’8 maggio di ogni anno non celebrassero lo Sposalizio dell’Albero, il bosco di Monte Fogliano, diverrebbe proprietà viterbese.   Oggi il possesso di Vetralla su questi boschi è una realtà indiscussa e comprovata da documenti storici.   Il territorio boschivo attorno al Monte Fogliano fu conteso da molte popolazioni fin dall’antichità e le prime notizie di una sua spartizione risalgono al 1182 quando Papa Lucio III (Ubaldo Allucingoli, n. a Lucca nel 1110 - m. 25-11-1185 a Verona, eletto Papa a Velletri il 1-9-1181) lo assegnò in parte al Comune di Viterbo ed in parte al Romitorio di Sant’Angelo, fondato in epoca longobarda.   Le sorti del bosco infatti sono da sempre legate a quelle di questo monastero.   Papa Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni, n. ad Anagni nel 1160 - m. a Perugia il 16-7-1216 e sepolto in Laterano a Roma) donò alla città una vasta estensione di boschi nel 1206, ma ciò fu la causa di una lunga contesa con Viterbo che ne rivendicava il possesso.   A seguito di molte guerre tra il papato e i Conti Di Vico, il monastero venne spesso abbandonato fino alla sconfitta di questa antica famiglia e al ritorno del possesso di queste contrade al papato.   Il 17 febbraio 1432 il Papa Eugenio IV (Gabriele Condulmer, n. a Venezia il 11-1-1383 - m. a Roma il 23-2-1447, eletto Papa il 3-3-1431), ponendo fine ad una cruenta disputa con Viterbo e per ricompensare i Vetrallesi per aver sostenuto la causa della Chiesa, donò loro i possedimenti di Monte Fogliano, attraverso la propria "Bolla Exigit".   Da allora, anche se i viterbesi tentarono più volte di impossessarsene, il privilegio rimase ai Vetrallesi, suffragato con un’ultima sentenza della Sacra Rota del 25 giugno 1844.   Già dal 1744 il Comune di Vetralla aveva donato l’Eremo di Sant’Angelo e le sue competenze a San Paolo della Croce (eremita e santo, nato ad Ovada e trasferitosi con alcuni seguaci sul Monte Argentario, dove fondò l’Ordine dei Passionisti).   Sant’Angelo divenne ben presto un grande monastero, che dava ospitalità a molti confratelli e fu la dimora abituale del Santo.   Ancora oggi, i Passionisti mantengono in vita la propria regola presso questo monastero.   Per ricordare questi fatti, ogni 8 maggio vengono organizzati particolari festeggiamenti nei boschi attorno al Monastero (Convento e Santuario) di Sant’Angelo.   Un corteo di persone in costume ottocentesco, di cavalieri e di sbandieratori, percorre di buon mattino le vie che partono da Vetralla per raggiungere il Monastero di Sant’Angelo sul Monte Fogliano, attraversando il bellissimo bosco cimino, folto e misterioso.   All’arrivo del corteo, due alberi secolari "elegantemente vestiti di fiori e ghirlande" si uniscono in matrimonio al cospetto del Sindaco, del Vescovo e del Priore del Monastero che benedice l’intera cerimonia.   La fede cristiana ma anche il forte legame con il bosco e l’esaltazione della ricchezza dei suoi prodotti che rivelano antiche origini di culti pagani, arricchiscono oggi queste celebrazioni e testimoniano la profonda unione di un popolo alla sua terra.   Grazie alle similitudini di questa tradizione e all’amore della natura, dal 1996 Vetralla è gemellata con Venezia, dove avviene lo "Sposalizio del Mare".   In maggio, quando avvengono entrambe le manifestazioni, vengono inviate le delegazioni ad assistere alla cerimonia in ognuna delle due città, in segno di amicizia tra le rispettive popolazioni.   Oltre al complesso del "Monastero di Sant’Angelo", sul Monte Fogliano esiste un altro sito importante: è il suggestivo "Romitorio di San Girolamo (XVI sec.)" scavato in un enorme masso vulcanico, immerso nel silenzo della maestosa faggeta. ]



  3. Le Torri di Orlando a Vico Matrino:    ->>> Back

    [ Si tratta di monumenti funerari di epoca romana (I sec. a.C.).   Quello più imponente, alto 16 metri, ha un basamento a pianta quadrata ed è sormontato da un corpo cilindrico rivestito in origine da lastre di peperino.
    Le nicchie sulla superficie accoglievano bassorilievi con immagini del defunto.   Accanto c’è una torre campanaria di epoca medievale appartenente all’abbazia benedettina "Sancta Maria in Campis (sec. XI)" di cui rimane il portale di marmo bianco ora situato all’entrata dell’antico "Ospedale di San Sebastiano" a Capranica.
    Il riferimento ad Orlando è dovuto alla interpretazione popolare di fatti storici e alla diffusione delle "Chansons des Gestes" lungo le grandi vie del pellegrinaggio.   Una leggenda vuole che il Paladino Orlando, nipote di Carlo Magno, fosse nato nei pressi di Sutri mentre la madre Berta si stava recando a Roma dal Papa.   Un’altra leggenda narra che un tempo in questo sito, ricco di querce, il paladino Orlando al seguito di Carlo Magno in marcia verso Roma, si fermasse a riposare sotto le folte e verdi chiome di questi grandi alberi.   Sono fatti dal limitato valore storico, tuttavia è importante rilevare come tali "ricordi", trasmessi da molte generazioni, indichino un forte e continuo scambio di informazioni e di esperienze tra popolazioni provenienti da varie zone d’Europa.   L’antica Via consolare Cassia, denominata poi Via Francigena, era stata effettivamente percorsa dal re dei Franchi, allorché si era recato a Roma per essere incoronato da Papa Leone III Imperatore del Sacro Romano Impero di Occidente, nella notte di Natale dell’800.   In ogni caso, queste "storie e leggende" rivelano senza ombra di dubbio l’importanza di questi luoghi come punto di passaggio di genti, merci, eserciti e pellegrini da e per Roma, lungo un tracciato che coincideva con l’antica Via Francigena. ]



  4. Cenni su Capranica:    ->>> Back

    [ Il primo insediamento sorse quando, nel 772, i Longobardi distrussero il borgo di Vicus Matrini (l’attuale località di Vico Matrino tra Vetralla e Capranica) e gli scampati si rifugiarono sopra una rupe lunga e stretta, ben difendibile, dove ora sorge Capranica.   La leggenda racconta che nell’VIII secolo alcuni caprari, fuoriusciti dal vicino villaggio di Vico Matrino, scelsero questo sito per la sua bellezza, sicurezza e salubrità.   Inizialmente la chiamarono Capralica da Caprae ilex (Elce delle Capre), divenuta, in seguito, Capranica, sembra a causa di un capraro di nome Nica.
    I primi insediamenti sul territorio dell’attuale Capranica risalgono all’epoca etrusca, ma le prime notizie certe si collocano intorno al 1050.   Fino al 1300 Capranica è posta, come i comuni limitrofi, sotto la giurisdizione del convento sutrino dei SS.Cosma e Damiano.   Nel 1305 fa la sua apparizione nel borgo la famiglia Anguillara, che ne farà uno dei più importanti dell’epoca.   Nel 1337, sotto Orso degli Anguillara, soggiornò a Capranica Francesco Petrarca.   Orso, uno dei personaggi più notevoli della sua casata, fu l’unico conte a risiedere stabilmente nel castello.   In questo periodo, venne ampliata la rocca da dove i conti pianificavano le loro scorribande.
    Infatti, in quel periodo e in seguito, soprattutto sotto il conte Everso II, Capranica espanderà la sua influenza sui territori circostanti e verrà coinvolta nella guerra che i conti combatterono contro i Prefetti di Vico per tutto il XIV secolo.   L’ultimo conte degno di nota è appunto Everso II che, nel 1435, combatterà a fianco di Papa Eugenio IV e, soprattutto, in appoggio alle armate papali comandate dal Cardinale Giovanni Maria Vitelleschi per cacciare l’ultimo prefetto Giacomo II di Vico e i suoi due figli Menelao e Securanza.   Nel 1465 i successori di Everso II, Deifobo e Francesco, venuti alle armi con Papa Paolo II provocarono la sollevazione di Capranica e dei borghi controllati e, in seguito, la caduta degli Anguillara il 7 luglio 1465.   I resti dell’antico castello e la torre dell’Orologio ricordano ancora la potenza ed il mecenatismo della importante signoria degli Anguillara che dominò questi territori per un secolo e mezzo. ]



  5. La Chiesa di San Francesco a Capranica (VT):    ->>> Back

    [ La Chiesa di San Francesco di Capranica ( sec. XII-XIII, già San Lorenzo ) sorge nel borgo antico ma fuori dalle mura dell’antico castello su di una collinetta e data la sua grandezza e posizione sembra abbia avuto nel passato funzione più di prestigio che di servizio cittadino.   La facciata è semplice, con umile portale abbellito da una lunetta; al centro si apre un finestrone circolare incorniciato dai segni zodiacali.   La parte più antica in stile romanico, ha tre navate divise da colonne, pareti spoglie, soffitto a capriate, piccole monofore.   Oltre il transetto la chiesa si allunga nella cappella degli Anguillara, in stile gotico, con soffitto a crociera e l’arco a sesto acuto poggiante su basse e tozze colonne addossate alle pareti.   Sul fondo del presbiterio, davanti all’abside appena accennata si erge solenne il monumento funebre dei conti gemelli Francesco e Nicola, opera di Paolo da Gualdo (1400).   I restauri: in un primo restauro, effettuato nel 1927-29 da Antonio Mugnoz, la chiesa venne riportata alle sue linee originali romaniche, da sovrastrutture che aveva assunto nei secoli, tra cui il pesante stile barocco delle ultime modifiche settecentesche, ma venne aggiunta la scalinata e il sacello dei caduti in guerra.   Un secondo restauro fu eseguito negli anni 1970-72, quando furono tolti dalle pareti intonaci e rosoni barocchi, facendo emergere bellissimi affreschi sottostanti.   La chiesa era già gestita nel 1295 quando le funzioni venivano officiate dai Canonici dipendenti dal Vescovo di Sutri.
    Anche su richiesta dei Conti Francesco e Nicola dell’Anguillara, papa Bonifacio IX scrisse, nel 1400, una bolla con la quale concesse ai canonici di San Lorenzo di trasferirsi nella chiesa di San Giovanni dentro le mura, per evitare le molestie dei briganti.   Con la venuta dei Frati Minori Conventuali Francescani, la chiesa cominciò ad essere chiamata San Francesco.   Molte sono le opere restaurate, tra cui diversi affreschi di importante fattura ( alcuni sono solo dei frammenti ) ed alcuni tempietti, che ora abbelliscono le pareti nude della chiesa.   Sulla parete sinistra si possono ammirare: un frammento di una delicata Vergine con Bambino ( sec.XVI ); un affresco di Sant’Antonio da Padova tra San Sebastiano e San Rocco, recentemente attribuito per la sua raffinatezza, composizione e spessore artistico a Michelangelo giovane, anche se ha subìto nel tempo alcuni restauri precedenti a quello del 1927-29, che ne hanno rovinato il colore vivido originale.   Sulla parete di destra: un affresco con Sant’Antonio Abate o San Terenziano, tra San Sebastiano e San Rocco, opera attribuita al viterbese Antonio del Massaro, detto il Pastura ( fine ’400 ); un affresco con l’immagine della Vergine circondata dagli Apostoli ( sec.XVI ) di autore ignoto; e poi un altro affresco raffigurante la Vergine con il Bambino in braccio circondata da angeli, firmata da Vincenzo Gatto, figlio di Jacopo Sebastiano di Corchiano, dell’anno 1500.   Questo Jacopo Sebastiano da Corchiano potrebbe essere il celebre "Maestro da Corchiano", discepolo e collaboratore di Lorenzo da Viterbo, uno dei più famosi pittori viterbesi.
    Si può ancora notare un affresco dedicato a Santa Lucia, ancora dolce e raffinato nei colori e nelle linee.   Ma, il monumento più appariscente della chiesa, è quello posizionato sull’abside e dedicato ai fratelli Conti Francesco e Nicola degli Anguillara, morti nel 1406 e 1408.   L’opera, eseguita nel primo quarto del 1400, da Paolo da Gualdo, è costituita da un sarcofago elevato da colonnine, sormontato da una cella con copertura a spioventi e finte cortine, inserito in una grande arcata gotica.   I due fratelli sono distesi sopra il sarcofago e sono vestiti con le loro divise militari.   In queste figure, lo scultore sintetizza la tendenza alla semplificazione ed abbreviazione delle forme ed il gusto per il particolare descrittivo e decorativo.   Sopra, i defunti sono inginocchiati davanti alla Vergine col Bimbo.
    In questa opera, Paolo da Gualdo rivela i suoi caratteri scultorei, legati ancora ad una tradizione tardo-gotica ed una compattezza volumetrica delle forme ripresa dal grande Arnolfo di Cambio.   Oggi la chiesa, splendida nella sua sobria bellezza, ospita gli avvenimenti più importanti che avvengono in tutta questa zona della Tuscia.
    Per saperne di più sulla storia e sulle opere della Chiesa di San Francesco di Capranica, suggerisco di visitare il seguente sito web (dal quale ho tratto parte di queste note):
    http://www.pagineveloci.net/articoli/capranica_trsf.html ]



  6. Il monumento funebre ai Conti Francesco e Nicola degli Anguillara:    ->>> Back

    [ Al centro dell’abside della Chiesa di San Francesco di Capranica, domina in tutta la sua maestosità il monumento funebre, a forma di un gran tabernacolo poggiante su quattro colonnine tortili, dedicato ai fratelli gemelli Francesco e Nicola, due nobili conti e guerrieri dell’antica famiglia degli Anguillara.   Due angeli sorvegliano le sagome marmoree dei due fratelli, sostenendo un drappeggio.   Al disopra dell’urna, sono posti una Madonna con Bambino e due figure preganti in ginocchio.   Il monumento fu eretto in onore dei fratelli Francesco e Nicola, dallo scultore Paolo da Gualdo, su commissione di Angela, figlia del conte Francesco e sposa di Gentile Orsini, come si rileva alla base della colonna di sinistra e nei due fianchi del monumento; lo stemma gentilizio degli Anguillara è unito a quello degli Orsini.   Una epigrafe in versi esametri latini, scolpita nel marmo posto alcentro del Cenotafio, è dedicata ai due conti e così recita:

    Olim quae genuit simili de semine mater
    corpora Francisci petra haec clauditq. Nicolae
    clarus uterque armis et uterq. Anguillifer heros
    quorum animi sacro junguntur in aethere nexu
    terrea sidereo spernetes climata coelo.
    Obiit autem miles egregius comes Franciscus anno D. MCCCC
    VI. die XII mensis augusti.
    Et inclitus miles comes Nicolaus anno D. MCCCCVIII die
    XXVI mensis julii.

    Questa pietra racchiude i corpi di Francesco e di Nicola
    che un tempo la madre generò dallo stesso seme.
    Ambedue illustri nelle armi e l’uno e l’altro eroi
    secondo la tradizione degli Anguillara,
    le cui anime si uniscono nel cielo con un sacro vincolo,
    disprezzanti le inclinazioni terrene.
    Ora l’egregio soldato il conte Francesco
    morì nell’anno del Signore 1406, il giorno 12 del mese di agosto,
    e il magnifico soldato conte Nicola,
    nell’anno del Signore 1408, il giorno 26 del mese di luglio. ]



  7. Orso degli Anguillara e Francesco Petrarca a Capranica:    ->>> Back

    [ Orso degli Anguillara, di nobili origini, nacque a Roma nei primi anni del XIV secolo da Francesco degli Anguillara e da Costanza Orsini.   Inizialmente, era stato un fedele alleato di Papa Giovanni XXII, che gli concesse alcuni Canonicati: a Burgos, a Roma, a Siviglia.   In seguito, perseguendo un’aggressiva politica di dominio personale, invase e conquistò feudi e terre appartenenti alla Chiesa.   Nel 1331 insieme al fratello Francesco assediò la città di Sutri, a liberare la quale accorse un esercito guidato da Pietro d’Artois, Rettore del Patrimonio della Chiesa.   Subito dopo questa impresa Orso e Francesco vennero a discordia, e cominciarono a combattersi violentemente.   A scatenare questa inimicizia concorse il fatto che verso il 1329 Orso, dopo molti dubbi, e infine cedendo alle pressioni di Papa Giovanni XXII, aveva sposato Agnese, figlia di Stefano Colonna, famiglia che un’aspra rivalità divideva dagli Orsini.   Il 2 maggio 1332 Roberto d’Angiò inviò Landolfo Brancaccio a cercar di sedare la lite tra i due fratelli, ma il suo intervento non sortì alcun effetto.   Infatti il 6 maggio 1333, presumibilmente complice il fratello Orso, Francesco fu attirato in un’imboscata ordita dai Colonna e venne assassinato.   Quella lotta fu continuata contro lo zio dal figlio di Francesco, Giovanni, che si schierò dalla parte degli Orsini.   Orso era anche uomo di cultura, e si dilettava persino a comporre poesie.   Quando ancora infuriavano le lotte di parte, nel 1337 ospitò il poeta Francesco Petrarca (n. ad Arezzo il 20-7-1304 - m. ad Arquà il 19-7-1374) nel suo castello di Capranica (fatto costruire verso il 1285 da Pandolfo II degli Anguillara), dove risiedeva insieme alla moglie Agnese.   Nel 1326 il Petrarca, approfittando della morte del padre, ser Pietro (o Petracco), notaio trasferitosi per ragioni politiche ad Avignone, aveva abbandonato i poco amati studi di giurisprudenza, cui il padre stesso lo aveva avviato, prima a Montpellier poi a Bologna.   Ma trovandosi presto in precarie condizioni economiche, era entrato a far parte, ad Avignone, del seguito di Giacomo Colonna, Arcivescovo di Lombez, quindi dal 1330 del di lui fratello, il Cardinale Giovanni Colonna.   Agnese, moglie di Orso, era sorella di questi due eminenti porporati.   Per conto di tali personaggi, nel 1333 il Petrarca aveva intrapreso un viaggio nella Francia del Nord, nelle Fiandre e nel Brabante.   Però il sogno di Petrarca, a lungo vagheggiato, era di recarsi a Roma, e poté essere finalmente soddisfatto quando alla fine del 1336 il Cardinale Giovanni Colonna lo chiamò, per averlo con sé in questa città.   Petrarca si imbarcò a Marsiglia il 21 dicembre 1336, e sbarcò a Civitavecchia i primi giorni di gennaio 1337.   Tuttavia giungere a Roma era impossibile, oltre che molto pericoloso, perché tutte le strade erano presidiate dai nemici della famiglia Colonna.   Non potendo procedere in direzione della Città Eterna, si rifugiò nel castello di Orso a Capranica.   La benevola accoglienza ricevuta si spiega col fatto che Petrarca era allora uomo di fiducia dei due eminenti personaggi della famiglia Colonna, fratelli di Agnese.   Orso si comportò come un impeccabile padrone di casa: lui, uomo d’armi, energico, carismatico e violento, nell’intimità domestica riponeva armatura e scudo per vestire i panni del gran signore, raffinato e colto.   Offriva così, ai suoi ospiti, nell’"otium" della sua splendida dimora un’altra immagine di sé, perchè ne fossero ben impressionati.   Ma anche la stima del Petrarca per il suo amico non tardò a manifestarsi, infatti durante il suo soggiorno, che durò più di un mese e mezzo, scrisse tre sonetti, dedicati alla natura dei luoghi ed alla ospitalità della nobile famiglia di Orso.   Solo dieci anni dopo, nel 1347, per intervento di Cola di Rienzo che fece da paciere, e per ragioni esclusivamente politiche, le ostilità tra Orso e il nipote Giovanni cessarono.   Il 26 gennaio 1337 il Vescovo Giacomo Colonna e il Cardinale Giovanni Colonna raggiunsero Capranica, insieme ad una scorta di cento soldati, per condurre in tutta sicurezza il Petrarca a Roma, cosa che avvenne verso la fine di febbraio.   Tra Orso e il Petrarca ci fu dunque un commiato, ma erano destinati a incontrarsi ancora.   Nel settembre 1340 Francesco Petrarca ricevette inviti, contemporaneamente, da Parigi e da Roma per essere incoronato poeta: scelse Roma e, nell’aprile del 1341, più di quattro anni dopo il suo soggiorno a Capranica, viaggiò di nuovo alla volta di Roma.   Nell’aprile del 1341 il conte Orso, che all’epoca rivestiva la carica di Senatore, fu proprio lui che scortò e accompagnò Petrarca a Roma e fu lui che, con fare solenne, pose la corona d’alloro sul capo dell’amico in Campidoglio, per attestare la sua incoronazione a "Sommo Poeta" (con la laurea poetica).   Con vivida voce il grande poeta pronunciò un’orazione di ringraziamento, il cui testo è fortunatamente conservato in un manoscritto con il titolo "Collatio laureationis". ]   Se si conoscono da un lato sia il contenuto del discorso di Petrarca (la "Collatio laureationis"), sia la certificazione dell’attestato di laurea da parte del Senato romano (il "Privilegium laureationis domini Francisci Petrarche", che gli conferiva anche l’autorità per insegnare e la cittadinanza romana), la data dell’incoronazione è incerta: tra quanto affermato da Petrarca e quanto poi testimoniato da Boccaccio (suo coetaneo e amico), la cerimonia d’incoronazione avvenne in un arco temporale tra l’8 e il 17 di aprile.   L’8 e il 13 aprile sono le date fornite da Petrarca ([Familiares], IV 6, 8), e la più probabile sembra essere la seconda.   Tuttavia Boccaccio situa l’evento il 17 e il documento ufficiale, il "Privilegium laureationis..", almeno in parte redatto dallo stesso Petrarca, reca la data del 9.   Dopo poco più di un secolo di collaborazione con il Papa (e con le nobili famiglie collegate al Vaticano), la ribellione degli Anguillara nei confronti del Papa Paolo II, causò la rivolta degli abitanti di Capranica (sobillati a questo scopo) e la loro cacciata (7 luglio 1465).   Il Papa fece demolire il castello e inviò i cardinali come governatori di Capranica.   Durante il secolo XVI il cardinale Altemps fece costruire chiese e palazzi che richiamarono l’opera di artisti famosi, tra i quali il Vignola. ]



  8. Torre San Paolo (detta degli Arraggiati) a Sutri:    ->>> Back

    [ È il primo antico edificio che si incontra da Viterbo sull’antico tracciato della via Cassia, anche se ora è ridotto in ruderi.   Si incontra la Torre provenendo da Capranica lungo il nuovo percorso francigeno attraverso la vallata nei boschi dell’entroterra, appena fuori dal Parco Regionale dell’Antichissima Città di Sutri.   Detta anche Torre San Paolo, in origine era la torre campanaria dell’omonima chiesa con attiguo convento, che ospitò i frati dell’ordine dei Carmelitani.   Questi, provenienti dalla Sicilia e cioè da un luogo assai distante da quello di destinazione, furono per questo motivo denominati localmente come "arrabbiati" che in dialetto siciliano si dice "arraggiati".   Eretta tra il XII e il XIII secolo, la Torre è a pianta rettangolare, con struttura portante in blocchi squadrati a mano in pietra tufacea e malta di calce e pozzolana.   Il suo portale è a triplici archi ogivali acuti e concentrici con nervature multiple poggianti su pilastrini con capitelli a fogliami.   Alle spalle del rudere, tra la vegetazione incolta si possono intravedere i resti di cortine murarie, forse relative ad un sistema di difesa che sorgeva nel punto di passaggio dell’antica Via Cassia la quale attraversava longitudinalmente il soprastante pianoro.   La Torre è anche una delle ultime tracce dell’antico abitato del borgo medievale di Sutri, messo a ferro e fuoco da Niccolò Fortebraccio nel 1433 e completamente distrutto da un’alluvione nel 1493.   Dovevano esservi presenti diversi edifici simili alla Torre come chiese, ospizi, pensioni e laboratori artigiani, tra la Porta San Pietro e l’Anfiteatro di Sutri per tutta la lunghezza della vallata. ]



  9. Breve storia di Sutri:    ->>> Back

    [ "Antichissima" e "Claustra Etruriae" - porta dell’Etruria - sono attribuiti non casuali che definiscono subito le origini remote di Sutri.   Le origini di Sutri (anticamente Sutrium o Suteria) sono molto remote, probabilmente risalenti all’età del bronzo.   Alcune leggende parlano della fondazione da parte del Dio Saturno, che appare a cavallo con tre spighe di grano in mano, nello stemma ufficiale del Comune.   Questo suggestivo borgo della Tuscia si erge sopra un inespugnabile sperone di roccia tufacea tra le pendici vulcaniche dei Monti Sabatini e dei Monti Cimini.   Porta dell’Etruria, Sutri visse il suo splendore nel periodo etrusco quando, per la sua posizione strategica, controllava il commercio nella parte più interna d’Etruria al confine tra la Lucumonia di Tarquinia e il territorio falisco.   Come passaggio obbligato per l’Etruria, fu conquistata definitivamente nel 383 a.C. dai Romani, dopo la caduta di Veio.
    Tra il V e l’VIII secolo, Sutri fu coinvolta nelle lotte tra Longobardi e Bizantini, fino a che, nel 728, il re longobardo Liutprando offrì la città e le terre adiacenti al Papa Gregorio II.   Questa donazione viene considerata l’inizio del dominio temporale della Chiesa, ovvero il primo passo per la costruzione del Patrimonio di San Pietro.   Il suo benessere si accrebbe con la costruzione della Strada consolare Cassia, grande arteria di traffico tra Roma e le regioni centro-settentrionali.   In seguito divenne "municipium" romano e con Augusto, colonia imperiale, "Iulia Sutrina".   In età feudale fu al centro degli scontri tra guelfi e ghibellini, culminati nell’incendio che distrusse il borgo nel 1433, ad opera di Niccolò Fortebraccio, capitano di ventura umbro.   Da quel momento si ebbe un rapido declino demografico ed economico dovuto anche al dirottamento delle rotte commerciali sulla Via Cassia Cimina, fortemente potenziata dai nobili Farnese.   Sutri si ridusse così ad una cittadina rurale di secondo piano nello Stato Pontificio, facile merce di scambio per le famiglie nobili.   Alla fine del XVIII secolo, Sutri fu conquistata dalle truppe francesi e accomunata a Ronciglione.   Nella Restaurazione fu resa allo Stato Pontificio seguendone le sorti fino alla proclamazione del Regno d’Italia.   La ricchezza di valori archeologici, paesaggistici e naturalistici hanno portato alla costituzione del Parco dell’Antichissima Città di Sutri, che con i suoi appena 7 ettari di estensione, rappresenta un luogo davvero unico nel panorama delle aree protette del Lazio.   Nel 2004, Sutri è stata insignita della Bandiera Arancione, il marchio di qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano destinato alle piccole località dell’entroterra che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità. ]



  10. Chiesa rupestre della Madonna del Parto (ex-Mitreo) a Sutri:    ->>> Back

    [ A poca distanza dall’Anfiteatro e raccordata a questo da un percorso paralello alla Via Cassia, alle pendici del Colle Savorelli, si apre la piccola chiesa dedicata alla Madonna del Parto, da alcuni studiosi indicata come Mitreo.
    La Chiesa riferibile al XIII-XIV sec. è interamente scavata nel tufo: da un piccolo vestibolo a pianta quadrata, decorato con affreschi raffiguranti la Madonna ed i Santi, San Cristoforo e la leggenda di San Michele del Gargano, si passa nell’ambiente principale, ipogeo, a pianta rettangolare allungata, diviso in tre navate da due file di pilastri, dieci per lato, anch’essi ricavati nel tufo e posti ad intervalli regolari, eccetto gli ultimi quattro, più distanziati tra loro.
    I pilastri poggiano su un lungo podio o banchina ai lati della navata centrale e sono raccordati tra loro da archetti ribassati.   La navata centrale presenta una copertura a volta di botte che si attacca agli archetti mediante un piano orizzontale.   Le navate laterali hanno una larghezza di circa 1 metro, presentano una copertura piana e, lungo le pareti, banchine simili alle precedenti, identificabili probabilmente con i banconi dell’originario Mitreo, che servivano per il banchetto mistico dei fedeli.   In un secondo momento, l’ambiente fu ampliato con la creazione di una zona absidiale, a pianta rettangolare, avvenuta mediante il taglio del podio della navata centrale, all’altezza degli ultimi due pilastri, in modo da isolare questi ultimi e farli continuare fino al pavimento, aumentando così lo spazio per le funzioni religiose.   Nell’abside si conservano i resti dell’affresco raffigurante la Natività.   La planimetria del monumento, come già detto interamnete scavato nel tufo, favorì l’ipotesi che originariamnete la chiesa fosse stata un Mitreo, tesi avvalorata dal rinvenimento a Sutri di un rilievo del Dio Mitra in atto di sacrificare il toro.   Certamente l’ambiente mostra caratteristiche molto simili a quelle generalmente adottate per i Mitrei: ambienti sotterranei, scarsamente illuminati e privi all’esterno di elementi architettonici che ne facciano supporre la presenza.   La particolare caratteristica che un luogo di culto pagano sia stato trasformato dai Cristiani ed utilizzato per le loro funzioni religiose, che trova confronto con il Mitreo rinvenuto sotto le fondamenta della Chiesa di Santa Prisca a Roma, non deve stupire, poiché certamente tra le due utilizzazioni intercorse un lungo intervallo di tempo che probabilmente contribuì a far perdere il ricordo dell’impianto originario. ]

 
 


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