Cronaca della Camminata
sulla variante della Via Amerina e sulla Via Francigena nel Lazio:
da Viterbo a Roma (dal 5/10 al 11/10/2000)

(Ricordi dell’inaugurazione ufficiale di un nuovo percorso storico di pellegrinaggio
su una bellissima variante a est dei Monti Cimini, che abbiamo seguìto,
insieme con molti amici, per raggiungere Roma dopo circa 127 km)


Logo Francigena

"Il Sentiero del Pellegrino - sulle orme della Via Francigena"

Tratto laziale da Viterbo a Roma (con inaugurazione della variante Amerina)

Giovane Montagna
Sezioni di: Mestre - Moncalieri - Padova - Roma - Venezia


5 - 11 Ottobre 2000

Indelebili ricordi di un’esperienza coinvolgente,
ricchi di particolari e fedelmente esposti


Cronaca a cura di Franco Giacomelli (sez. G.M. di Venezia)
  


Una parte dei partecipanti alla camminata sulla "Variante Amerina",
fotografati davanti alla chiesa della Madonna della Quercia a Viterbo (località La Quercia)
(Foto di E.Fiorentini)


Antefatto
(di Enea Fiorentini - sez. G.M. di Roma)

A metà ottobre 1999, la nostra associazione "Giovane Montagna" concludeva lo sforzo organizzativo corale dell’inaugurazione del "Sentiero del Pellegrino" con la grande camminata dall’abbazia di Novalesa (a Ovest) e da Aquileia (a Est) fino a Roma.   Ciò a suggello di due precedenti anni intensi di lavoro (1997 - 1998), dedicati allo studio e alla rilevazione dei percorsi storici sul territorio italiano da parte di oltre 120 volontari di tutte le sezioni G.M.   Il ricordo di questa attività e di questa avventura è riportato nella prima sezione <francigena> di questo sito.
Questo grande sforzo della G.M., giunto alla sua conclusione con successo, ha prodotto anche la pubblicazione di una guida nel giugno 1999: Il Sentiero del Pellegrino, sulle orme della Via Francigena - da Novalesa e Aquileia a Roma.   Questa guida contiene le schede delle 71 tappe percorse dall’agosto all’ottobre 1999 dalla Giovane Montagna.
Oltre che per onorare il Grande Giubileo del 2000, l’iniziativa della "Giovane Montagna" mirava a consegnare una proposta di cammino ai futuri pellegrini che avessero voluto seguire le "nostre orme" sulla Via Francigena nel 2000 e negli anni successivi.   C’era anche la speranza che il nostro sforzo fosse utile per la promozione della "Via" e per renderla famosa come il "Camino di Santiago di Compostela" in Spagna.
Successivamente, pochi appassionati di alcune sezioni G.M. (tra cui i componenti del -Gruppo Francigena- della sez. di Roma) hanno continuato a lavorare sul percorso, scoprendo nuovi tratti storici e varianti interessanti (i famosi "diverticoli") della Via Francigena e delle altre vie di pellegrinaggio.   Attorno ai Monti Cimini, a sud di Viterbo, sono state studiate e rilevate nuove direttrici e in particolare, tra luglio e settembre del 2000, è stata percorsa integralmente la cosiddetta "variante della Via Amerina".
La cronaca di cammino, scritta da Franco Giacomelli (della sez. GM di Venezia) e presentata qui di seguito, riguarda l’inaugurazione "ufficiale" di questa variante con la partecipazione di persone provenienti da molte sezioni G.M.


Premessa


La facciata della chiesa della
Madonna della Quercia a Viterbo
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La parte alta della facciata, con rosone e
timpano, della chiesa della Madonna
della Quercia a Viterbo (località La Quercia)
(Foto di E.Fiorentini)

Ci eravamo lasciati il 3 aprile a Viterbo (dopo aver completato il tratto: Radicofani -> Viterbo percorso in 4 tappe) con il proposito di continuare in autunno l’itinerario verso Roma.
Personalmente ero un po’ scettico che potessimo trovare ancora delle persone così disponibili, pazienti e generose da impegnarsi per la bisogna.

E avevo torto!


Il percorso scelto


Il soffitto a cassettoni dorato
all’interno della chiesa della
Madonna della Quercia a Viterbo
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Il soffitto a cassettoni, ricoperto di 60 kg d’oro
zecchino, all’interno della chiesa della Madonna
della Quercia a Viterbo (località La Quercia)
(Foto di E.Fiorentini)

Il trekking è stato organizzato in cinque tappe di cui le prime tre attraversano le pendici orientali dei Monti Cimini e conducono i pellegrini verso l’"Agro Falisco" e il tracciato della Via Amerina (importante arteria di penetrazione romana in un difficile e pericoloso territorio "nemico", abitato e controllato dai "Falisci", che raggiungeva Ameria -l’attuale Amelia in Umbria- partendo dalla Valle del Baccano dove si distaccava dalla Via Cassia Romana).
Territorio questo, ricco di storia e di bellezze naturali.
Da Campagnano di Roma a Roma, si riprende l’itinerario "base" della Via Francigena di Sigerico.   Il percorso di quest’anno, della lunghezza totale di circa 127 km, è stato suddiviso nelle seguenti tappe:

 Viterbo -> Fabrica di Roma - circa 29,5 km
 Fabrica di Roma -> Castel Sant’Elia - circa 23 km
 Castel Sant’Elia -> Campagnano di Roma - circa 29 km
 Campagnano di Roma -> La Storta - circa 25 km
 La Storta -> Roma - circa 21 km


Chi sono i partecipanti?


Una parte dei partecipanti sostano
sulla porta d’ingresso della chiesa
della Madonna della Quercia a Viterbo
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Un gruppo di partecipanti sosta sulla porta
d’ingresso della chiesa della Madonna
della Quercia a Viterbo (località La Quercia).
Sopra il portale, lunetta di Andrea della Robbia
(Foto di E.Fiorentini)

Giovedì 5 ottobre, tutti i partecipanti si sono dati appuntamento alla località "La Quercia" (a 3 km da Viterbo in direzione di Bagnaia) per prendere alloggio nella Foresteria del Santuario della Madonna della Quercia.   Tantissimi i volti conosciuti e molti quelli nuovi di persone che iniziano questa esperienza per la prima volta.   Quest’anno sono presenti:

 3 persone provenienti da G.M. Mestre (Giovanni<Nane>, Rosy, Tarcisio);
 1 da G.M. Moncalieri (il presidente nazionale Piero Lanza);
 2 da G.M. Padova (Rosanna, Tecla);
 6 da G.M. Roma (Alberto, Berarda, Enea, Gino, Giuliano, Mario);
 10 da G.M. Venezia (Alma, Franco, Giorgio, Graziella, Marcella, Marco, Miro, Paola, Renzo, Tita).

Ben 22 persone di 5 sezioni G.M. si sono incontrate per partecipare a questo nuovo cammino, in amicizia e allegria, e per onorare l’anno del Giubileo.
Lungo il percorso, nei giorni successivi, altri amici si sono aggiunti a questo gruppo.


Il viaggio e il raduno a "La Quercia"

Giovedì 5-10-2000:  (Venezia - Padova - Firenze - Viterbo - La Quercia)
Nell’ex seminario di Viterbo, trasformato nella casa di accoglienza "Santa Maria della Quercia", dopo un viaggio confortevole, abbiamo ritrovato Alberto e Gino, le nostre preziose staffette per il trasporto dei bagagli, ai quali si sono aggiunti Giuliano ed Enea (un altro romano, Mario, ci raggiungerà a Fabrica di Roma).

Campanile della chiesa della
Madonna della Quercia a Viterbo
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Il Campanile della chiesa della Madonna
della Quercia a Viterbo (località La Quercia)
(Foto di C.Melappioni)

Soffitto dorato della chiesa della
Madonna della Quercia a Viterbo
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Il soffitto a cassettoni all’interno della chiesa
della Madonna della Quercia a Viterbo
(loc. La Quercia).
Il soffitto, progettato da Antonio da Sangallo
-il Giovane- nel 1518, è ricoperto di 60 kg d’oro
zecchino.  L’oro fu donato da Paolo III ed era il
regalo di Carlo V imperatore di Spagna, che lo
aveva ricevuto da Cristoforo Colombo dopo la
scoperta dell’America
(Foto di E.Fiorentini)

Siamo partiti da Venezia in 10: Tita con Marcella; Marco con Graziella; Miro con Paola; Alma, Giorgio, Franco, Renzo.   Abbiamo raccolto a Mestre Rosy con Tarcisio e Nane; a Padova Rosanna e Tecla; a Firenze il Presidente nazionale Piero Lanza e a Viterbo abbiamo trovato Berarda.   Un bel gruppetto!
A tutti Tita ha voluto regalare la conchiglia dei pellegrini.
Sarà un bel ricordo.
Ci siamo sistemati nel complesso quasi completamente restaurato e poi abbiamo visitato il Santuario della Madonna della Quercia, rinascimentale, che insiste su una scalinata, con facciata in bugnato di peperino, preceduta da due pilastri e due colonne.
Vi si aprono tre portali con lunette decorate da preziose terrecotte invetriate di Andrea della Robbia (1507).
Sovrastano tre occhi e un grande timpano con scolpiti due leoni che guardano una quercia.   Imponente il campanile a tre ordini sorretto da paraste, riccamente ornato.   Tutto il complesso è costruito in "peperino", una varietà scura e robusta di tufo vulcanico, di cui tutta la zona circostante è ricca.
L’interno è a tre navate, con soffitto a cassettoni, sull’altar maggiore vi è la tegola con dipinta una Madonna miracolosa, già appesa al tronco di una quercia (d’onde il nome del Santuario).   In una cappella a sinistra si ammira un presepio fatto con manichini.
Una curiosità: nella navata destra vi è un pennone di una nave turca, a ricordo della battaglia di Lepanto.
Abbiamo notato che nelle terre dello Stato Pontificio sono molto orgogliosi della vittoria di Lepanto, così che a Nepi la processione del 7 ottobre è intitolata alla Madonna della Vittoria e non alla Madonna del Rosario come avviene da noi.   Per ristabilire le distanze tra Sebastiano Venier e Marcantonio Colonna: il primo comandava 111 navi da guerra, 12 il secondo.
Abbiamo visitato i due chiostri: quello della chiesa con due ordini di archi, l’inferiore dei quali a colonne binate, e quello, più semplice, del Seminario, ancora in restauro.   Ancora da segnalare il meraviglioso refettorio progettato da Antonio da Sangallo il Giovane.
Una lauta e curata cena ha concluso degnamente la giornata.   A proposito: salvo casi particolari, non parlerò più di cene, tutte lodevoli per qualità e quantità, tanto che, e non sono il solo, sono rientrato a casa, nonostante le camminate, con un paio di kiletti da smaltire.


Si comincia a camminare...

Venerdì 6-10-2000:  (La Quercia - Pallanzana - Cassia Cimina - Canepina - Crocifisso - Fabrica di Roma)
Sveglia presto, Santa Messa, colazione, caricamento dei bagagli sulle vetture di scorta, recitata la preghiera "della partenza" e poi via, a passo di carica (l’andatura normale era di 50 battute al minuto contro le 33 in uso presso gli alpini).

La partenza dalla località La Quercia,
dal piazzale antistante la chiesa
della Madonna della Quercia
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Partenza dalla località La Quercia, dal piazzale
della chiesa della Madonna della Quercia
(Foto di E.Fiorentini)

Casa colonica sulla Pallanzana
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Casa colonica sulle pendici della Pallanzana,
antica residenza dei Ludovisi-Micara e Balestra
(Foto di C.Melappioni)

Ingresso dell’Eremo di
Sant’Antonio alla Pallanzana
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Ingresso dell’eremo di Sant’Antonio alla Pallanzana
(Foto di C.Melappioni)

Sul sentiero della Pallanzana
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Sul sentiero della Pallanzana
(Foto di C.Melappioni)

nei boschi della Pallanzana
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Nei boschi della Pallanzana
(Foto di E.Fiorentini)

La sera precedente Alberto ed Enea ci avevano esposto il razionale del percorso che, primi, avremmo fatto: per evitare tappe troppo lunghe, avremmo seguito il tracciato della "via Amerina" che attraversava il territorio dei Falisci, popolo affine per civiltà agli etruschi, per lingua ai romani, e che alleati con gli etruschi contro i romani, vennero sconfitti e deportati.
Lungo il sentiero in lieve salita incontriamo prima una villa padronale, poi l’eremo di Sant’Antonio.   Costeggiamo un vasto meleto, a coltivazione biologica, tutto coperto da teli e raggiungiamo la via Cassia Cimina, che va da Viterbo a Ronciglione e la seguiamo camminando su terreno prativo, per un lungo tratto, in un bosco di castagni, con frutti al giusto punto di maturazione.   E’ un tappeto di ricci, che vengono raccolti con macchine che provvedono anche alla liberazione del frutto dall’involucro.   Nei luoghi dove le macchine non sono utilizzabili, vengono raccolte a mano, lavoro faticoso, ma redditizio se è vero quello che ci hanno detto, e cioè che in 20 giorni di lavoro guadagnano 10 milioni.   Alcuni di noi raccolgono le castagne che si trovano lungo la strada, attirando le ire di una guardia che minaccia tuoni e fulmini, appellandosi ad una ordinanza del sindaco.
Ad un bivio prendiamo la strada per Canepina che raggiungiamo a mezzogiorno; paese con struttura urbanistica medioevale, sconciata da abitazioni moderne.   Vediamo all’opera un posatore di sanpietrini (forse l’ultimo).
Ci portiamo al Santuario della Madonna delle Grazie dove, recitato l’Angelus, confortiamo anche il corpo.   Intanto il cielo si copre e a tratti cade una pioggerella che ci obbliga ad aprire l’ombrello.   Il cammino continua tra castagneti e noccioleti ben cintati.
Di colpo, preceduto da qualche fulmine, si scatena un acquazzone.   Ci rifugiamo sotto un castagno ma, tra togliere dalle spalle il sacco, estrarre la mantellina, aprirla e indossarla (come si fa con l’ombrello aperto?) ci troviamo ammollati fino alle ossa e quindi la copertura serve a mantenere un grado di umidità vicino al 100%.
Ci immettiamo in uno stradone con vaste pozzanghere (e a dir il vero le macchine che incrociamo rallentano, evitando supplementari docce dal basso), ci fermiamo pochi minuti all’eremo del Crocefisso, e riprendiamo il pellegrinaggio.   Un’altra passeggiata tra campi e vigneti, discendiamo e risaliamo una forra e dopo pochi minuti siamo a Fabrica di Roma (provincia di Viterbo) al convento delle "Suore del Divino Amore".
Una bella doccia ci rimette in sesto e le Suore ci fanno trovare caffè e the.   Altra sorpresa: chiamata dalla Superiora, la dottoressa Loredana Bedin, biologa, ci illustra con competenza le origini e la storia di Fabrica di Roma e dei Falisci.   Così veniamo a sapere che è stata forse costruita da Falisci profughi da Falerii Novi che viene citata per la prima volta in un documento del 1093 e che nel ’500 divenne dominio dei Farnese che costruirono la rocca.
Ancora: una suora, nativa di Tessera, si esibisce in lingua veneta gergale e un’altra, ultraottantenne, già infermiera d’ospedale, tratta con maestrìa una brutta distorsione al ginocchio di Rosanna che, dopo un giorno di riposo, potrà riprendere l’itinerario a piedi.

Per questa tappa: km totali 29,5.


al bivio tra la Cassia
Cimina e la Canepinese
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Il bivio tra la Cassia Cimina e la Canepinese
(Foto di C.Melappioni)
  Panorama di Canepina
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Panorama di Canepina
(Foto di C.Melappioni)

Piero Lanza sopravanza il
gruppo entrando a Canepina
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Piero Lanza, alla testa del gruppo, entra in Canepina
(Foto di E.Fiorentini)
  Chiesa di Canepina
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Chiesa di Canepina
(Foto di C.Melappioni)

Santuario della Madonna
delle Grazie a Canepina
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Il Santuario della Madonna delle Grazie a Canepina
(Foto di C.Melappioni)
  Piero e Tita in sosta pranzo al Santuario
della Madonna delle Grazie a Canepina
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Piero e Tita in sosta pranzo al sacco al Santuario
della Madonna delle Grazie a Canepina
(Foto di E.Fiorentini)

Alberi di castagno
ricchi di foglie
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Alberi di castagno, ricchi di foglie
nei boschi di Canepina...
(Foto di E.Fiorentini)
  Alberi di castagno
privi di foglie
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... e alberi di castagno privi di foglie
(Foto di C.Melappioni)

L’Eremo del Crocifisso
sulla Valleranese
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L’Eremo del Crocifisso, sulla Valleranese
nei pressi di Fabrica di Roma
(Foto di C.Melappioni)
  La Torre del Castello
a Fabrica di Roma
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La Torre del Castello di Fabrica di Roma
(Foto di C.Melappioni)


La chiesa di Fabrica di Roma
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La chiesa di Fabrica di Roma
(Foto di C.Melappioni)
  il gruppo ospite dell’Istituto
del Divino Amore a Fabrica di Roma
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Il gruppo di pellegrini ospite dell’Istituto religioso del Divino Amore a Fabrica di Roma
(Foto di E.Fiorentini)


Sabato 7-10-2000:  (Fabrica di Roma - Falerii Novi - Via Amerina - San Lorenzo - Torre di Stroppa - Nepi)
Ascoltata la Santa Messa nella cappella delle Suore (sono sempre commoventi i canti di accompagnamento), mentre carichiamo i bagagli arrivano Gianni con Margherita, Toni e Francesco che, partiti da Venezia verso mezzanotte, sono arrivati freschi come rose in taxi da Chiusi.   Si uniscono anche tre amici di Enea che ci accompagneranno solo oggi, e Mario della G.M. di Roma che proseguirà con noi.

La partenza del gruppo dall’Istituto
Divino Amore a Fabrica di Roma
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Gruppo riunito davanti l’Istituto del Divino Amore
prima della partenza da Fabrica di Roma
(Foto di E.Fiorentini)

Uno scorcio del castello
di Fabrica di Roma,
lasciando la cittadina
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Uno scorcio del castello di Fabrica di Roma,
lasciando la cittadina
(Foto di C.Melappioni)

La mappa della città
romana di Falerii Novi
dove furono deportati i
Falisci superstiti
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La mappa della città romana di Falerii Novi
dove furono deportati i Falisci superstiti
(Schizzo ricevuto dal Comune di C.Sant’Elia)

Porta di Giove
a Falerii Novi
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Porta di Giove a Falerii Novi
(Foto di N.Spina)

Pellegrini sull’ingresso della
Chiesa di S.Maria in Fàlleri
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Mario e altri pellegrini, sull’ingresso della Chiesa
di S.Maria in Fàlleri a Falerii Novi
(Foto di E.Fiorentini)

Le absidi della Chiesa
di S.Maria in Fàlleri
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Le absidi della Chiesa di S.Maria in Fàlleri
a Falerii Novi
(Foto di N.Spina)

Le mura di Falerii Novi
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Le mura di Falerii Novi, viste dall’esterno,
durante il loro aggiramento
(Foto di F.Vogel)

Il tratto di Via Amerina
nel Cavo degli Zucchi
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La Via Amerina nel Cavo degli Zucchi
(Foto di F.Vogel)

Mentre i più si riforniscono di cibo, qualcuno riesce a dare un fuggevole sguardo alla cinquecentesca chiesa della Madonna della Pietà, ad una navata, con quattro grandi nicchie affrescate e, nell’abside centrale, una splendida Madonna con Bambino, a fresco.   Camminiamo su strade bianche intrapoderali, costeggiamo un grande deposito di ceramiche (lavandini, tazzoni, bidet) sufficienti per una città di centomila abitanti.   Raggiunta la statale, giriamo a sinistra e dopo qualche centinaio di metri ci imbattiamo nelle rovine di Falerii Novi.   Attraversiamo la porta di Giove e ci portiamo all’Abbazia di Santa Maria in Fàlleri, eretta da marmorari cosmateschi nel 1100, distrutta ai tempi di Napoleone nelle battaglie fra francesi e papalino-napoletani, il cui tetto è stato ricostruito di recente.   E’ a cinque absidi, interno a tre navate divise da colonne e pilastri.   Purtroppo non la possiamo visitare a fondo, perché è appena ripulita per le Cresime.   Uno sguardo veloce alle mura (lunghe 2108 m, alte 5 m e spesse 21 m), costruite con grandi parallelepipedi di pietra.
Fondata dagli esuli di Falerii Vetus: ora Civita Castellana, nel III° secolo a.C., venne abbandonata nel medioevo.   Traversiamo l’attuale abitato di Falerii Novi e proseguiamo tra campi coltivati e noccioleti, dove fioriscono una quantità di ciclamini, di colore più pallido dei nostri e inodori.   Poco prima di un dosso Alberto ci raduna e ci promette una sorpresa.   Incuriositi avanziamo e ci troviamo improvvisamente sulla via Amerina, una delle strade che collegava l’Etruria all’Umbria.   Il pavimento è composto da grosse lastre di peperino (un tufo locale) e reca ancora i solchi scavati dai carri e ai suoi lati una serie ininterrotta di tombe romane del I° e II° secolo d.C., scavate nel tufo, ora vuote e snaturate dall’uso fatto, nel primo medioevo, dagli abitanti della campagna che, distrutti dai barbari i loro pagi, si rifugiarono in queste cavità, trasformandole in dimore.
La strada non serviva più a scopo commerciale e un grosso masso, caduto nel mezzo, anzichè venir rimosso, è stato trasformato in forno per la comunità.
Nella discesa verso una forra ammiriamo la monumentale "tomba della Regina" con bellissimi archi, e le possenti spalle di un ponte romano di cui è crollata la volta.   Risaliamo la forra incontrando delle tombe falische del I° e II° secolo a.C.   Si tratta di scavi recentissimi, non ancora terminati, che lasciano stupefatti per la bellezza e l’imponenza delle opere.   A mezzodì ci fermiamo per l’Angelus e riprendiamo il cammino di buona lena perché vogliamo superare il primo guado prima di pranzare e perché il tempo non promette nulla di buono.
E qui accade un fatto destinato a modificare la toponomastica.   Mentre ci accingiamo a scendere per passare a guado il Fosso dell’Isola (la discesa su terreno scivoloso è stato facilitato da una corda che il provvido Alberto aveva con sè), un contadino, munito di lattonzolo e coltellaccio di tipo sacrificale ha chiesto ed ottenuto aiuto ad alcuni dei nostri, capeggiati da Enea e Gianni.   Era accaduto, il sabato precedente, che una scrofa, imprudente, si fosse avvicinata troppo al ciglio di un dirupo, che questo franasse e che la sventurata precipitasse.   Al termine del volo incontrò un fico caritatevole che attenuò l’impatto.   L’animo gentile del contadino lo portò a recarle cibo ogni giorno, per 6 giorni.   Poi la dolorosa decisione: o la scrofa, spinta da amor materno esce dall’antro dove, impaurita, si era rifugiata, o bisognerà sacrificarla.   Fatto sta che dopo molti tentativi, Gianni riesce a legarle le zampe anteriori ed è un gioco trascinarla fuori.   Grande riconoscenza, del contadino, che promette pane e salame a tutti, al prossimo passaggio.   Il guado, fino ad oggi anonimo, sarà detto "della scrofa".
[NDR: Giuliano della sez. GM di Roma ha colto lo spunto da questo "evento" per scrivere, in versi romaneschi, la bellissima <Ballata della Scrofa Falisca> , che ci ha poi letto in molte altre occasioni di incontro.]
Risalito il lato opposto della forra sotto la pioggia, ci siamo rifugiati fra le rovine del castello di Stroppa per l’asciolvere meridiano.   E’ incerto se questo maniero medievale fosse stato costruito per la difesa del territorio o per taglieggiare i viaggiatori: probabilmente per tutti e due gli scopi.
La pioggia intanto diminuisce e scendiamo al piano, per un sentiero dapprima scosceso, che ben presto si trasforma in comoda mulattiera e poi in strada sterrata incrociando un campo di tiro con l’arco.   Procediamo vociando, per non essere scambiati per cinghiali.
Ed ecco apparire in distanza Nepi, città etrusca (anzi Livio, per le spesse mura la definì: antemurale dell’Etruria), preannunciata dalla rocca dei Borgia e dalle alte arcate dell’acquedotto del 1700.
Qualche difficoltà per l’acquartieramento nell’ex convento dei Francescani (eravamo arrivati con un’ora di anticipo sul previsto e non era presente la responsabile), e poi a visitare la città, dal duomo ottocentesco costruito su una chiesa paleocristiana, che ebbe varie ricostruzioni e ampliamenti, poi i soliti francesi ne fecero un bel falò in nome della libertà, uguaglianza e fraternità.   Nel 1831 venne ricostruito, conservando parte delle strutture romaniche.   Sotto il presbiterio una vasta cripta, a 9 navatelle divise da colonne e tre absidi.   Da questa si dipartono alcuni cunicoli, resto di catacombe cristiane.
In piazza il Palazzo Comunale, di Antonio da Sangallo il Giovane con bella fontana attribuita a Gianlorenzo Bernini.
Un inciso: premesso che il nostro andare è un pellegrinaggio, quindi a primaria valenza religiosa, ma è un vero peccato che per la tirannia del tempo (e la stanchezza) non ci sia permesso di ammirare con più calma le bellezze che incontriamo.

Per questa tappa: km totali 23.


Tombe a colombari
nel Cavo degli Zucchi
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Tombe a colombari
nel Cavo degli Zucchi
(Foto di F.Vogel)
Tombe varie nel
Cavo degli Zucchi
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Tombe di vario tipo e a più livelli
nel Cavo degli Zucchi
(Foto di F.Vogel)
Zona di scavi nel
Cavo degli Zucchi
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Zona di scavi nel Cavo degli Zucchi
(Foto di E.Fiorentini)


L’ingresso della Tomba della
Regina nel Cavo degli Zucchi
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L’ingresso della Tomba della Regina
nel Cavo degli Zucchi
(Foto di F.Vogel)
L’ingresso della Tomba della
Regina nel Cavo degli Zucchi
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L’ingresso della Tomba della Regina
nel Cavo degli Zucchi
(Foto di E.Fiorentini)
Scendendo nella forra
del Fosso Rio Maggiore
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Scendendo nella forra del
Fosso Rio Maggiore
(Foto di F.Vogel)

Le spalle del ponte crollato che
superava il Fosso Rio Maggiore
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Le spalle del ponte crollato che
superava il Fosso Rio Maggiore
(Foto di F.Vogel)
Le altre tombe falische-romane
dopo il Fosso Rio Maggiore
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Le altre tombe falische e romane
dopo il Fosso Rio Maggiore
(Foto di F.Vogel)
Arco e spalla del ponte
romano sul Fosso 3 Ponti
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Arco e spalla del ponte romano
sul Fosso 3 Ponti
(Foto di F.Vogel)

Sotto le volte del ponte
romano sul Fosso 3 Ponti
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Sotto le volte del ponte romano
sul Fosso 3 Ponti
(Foto di F.Vogel)
Un tratto di Via Amerina
nei pressi di San Lorenzo
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Un tratto di Via Amerina
nei pressi di San Lorenzo
(Foto di F.Vogel)
La Torre di Stroppa sul
Poggio dell’Isola Conversina
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La Torre di Stroppa sul
Poggio dell’Isola Conversina
(Foto di F.Vogel)

Guado del Fosso dell’Isola
sotto la Torre di Stroppa
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Guado del Fosso dell’Isola
sotto la Torre di Stroppa
(Foto di F.Vogel)
Risalendo il 
Poggio dell’Isola
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Risalendo il Poggio dell’Isola
(Foto di F.Vogel)
Sosta alla
Torre di Stroppa
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In sosta alla Torre di Stroppa
sul Poggio dell’Isola Conversina
(Foto di F.Vogel)

La Torre di Stroppa
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I ruderi della Torre di Stroppa
(Foto di N.Spina)
caldi colori del bosco
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Caldi colori del bosco nella forra
attorno alla Torre di Stroppa
(Foto di G.Borgianelli Spina)
la scrofa salvata dopo
la caduta dal dirupo
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La scrofa salvata dopo la caduta
dal dirupo sotto la Torre di Stroppa
(Foto di E.Fiorentini)

Nella forra dopo
la Torre di Stroppa
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Nella forra dopo la Torre di Stroppa
(Foto di F.Vogel)
Taglio di rovi nella forra
dopo la Torre di Stroppa
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Taglio di rovi sul sentiero,
nella forra dopo la Torre di Stroppa
(Foto di F.Vogel)
nella zona degli
arcieri di Nepi
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Attraversamento della zona di
addestramento degli arcieri di Nepi
(Foto di F.Vogel)

Domenica 8-10-2000:  (Nepi - Castel Sant’Elia - Mazzano Romano - Valle del Treja - Campagnano di Roma)
Ascoltiamo la Santa Messa nella chiesa dei Padri Serviti, adiacente alla foresteria dove abbiamo dormito.   E’ tutto pronto per la processione della Madonna della Vittoria per le vie della città, imbandierata a festa.

La torre della Rocca
dei Borgia a Nepi
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La Torre della Rocca dei Borgia a Nepi
(Foto di P.P.Bindi)

Acquedotto di Nepi
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L’acquedotto di Nepi
lasciando la cittadina verso Castel Sant’Elia
(Foto di C.Melappioni)

Ingresso del borgo vecchio
di Castel Sant’Elia
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L’ingresso del borgo vecchio di Castel Sant’Elia
(Foto di E.Fiorentini)

In discesa verso la
Basilica di Sant’Elia
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In discesa verso la Basilica di Sant’Elia
(Foto di E.Fiorentini)

Scendiamo a Castel Sant’Elia, ammiriamo il vallone che ci separa da Nepi da una piazzetta-belvedere e procediamo per la Basilica di Sant’Eliadi stile romanico, con interno a tre navate con begli affreschi di stile bizantino.   La cripta, con colonne con capitelli a fregi animaleschi, contiene le tombe di Sant’Anastasio e San Nonnino.   Scendiamo ancora la forra e valichiamo il corso d'acqua su un antico ponte a schiena d’asino.   Nella risalita incontriamo una grotta in mezzo al bosco, adattata a cappellina.   Arriviamo ad un altopiano, ben coltivato, con qualche bella villetta e poi, ti pareva, giù, a superare l’ennesimo torrentello.   Vi è qualche difficoltà per trovare il guado e quindi, con spirito di pionieri, ci apprestiamo a gettare un ponte, usando gli alberi caduti.   Il pronto Gianni, per la rottura di un ramo traditore, affonda nell’acqua con una gamba, fino al ginocchio, ma senza alcuna conseguenza, eccetto la bagnata.   Uno alla volta passiamo e procediamo aprendoci la via nella boscaglia, per sbucare in una bella radura, dominata dal castello d’Ischi.   Risaliamo tra mugugni sempre più evidenti (il mezzogiorno è passato da un pezzo e non vi è nessun segno di voler sostare per il pranzo).   Un attimo di brivido lo dà un rumore nella boscaglia a pochi metri dalla strada: con ogni verosimiglianza un cinghiale fugge spaventato.   Finalmente, riguadagnato l’altipiano, viene dato l’alt e compaiono panini imbottiti e borracce.   Proseguiamo per Mazzano Romano, breve sosta per il caffé e, rinunciato alla deviazione per Calcata per ragioni di tempo, prendiamo un sentiero che costeggia il torrente Treja.   Superiamo, mangiando i fichi colti lungo strada, una fabbrica a mano di laterizi e giriamo per la strada che porta alla fontana Salsa.
E qui comincia l’avventura.   Prendiamo un sentiero sulla sinistra orografica del Treja che ad un tratto scompare per lasciarci su un terreno in forte pendenza, scivoloso per le piogge precedenti, che ci obbliga a proseguire con precauzione, aiutandoci a vicenda, aggrappati ai rami e alle radici, che non sai mai se sono marce.   Per fortuna, nei punti più difficili, soccorre la corda.   Il bello è che sull’altra sponda il terreno è pianeggiante e vi sono garruli fanciulli che giocano correndo dietro ai cerchi, coppie di fidanzati con occhi sognanti con mani nelle mani e giovani genitori con carrozzine.   Un padre sollecito spiega alla prole che si tratta di una esercitazione della protezione civile (sic!!).   Alla fine giungiamo alle cascate di Monte Gelato dove abbiamo apprezzato i vantaggi del buon, vecchio asfalto sicuro.   Ma non tutto il male vien per nuocere se è vero che due giovinetti di fervida immaginazione si sono rivolti ai nostri Romani per iscriversi ad una società che prometteva così esaltanti avventure.
La giornata è finita ingloriosamente in taxi.   Infatti, per un banale errore di orientamento, anzichè prendere a sn (Campagnano km 3,5) abbiamo preso a ds (Campagnano km 13,5).   Per fortuna una della macchine di scorta ha imbarcato alcuni pellegrini che, arrivati in paese, hanno mosso un mezzo meccanizzato di ricerca e recupero.   Siamo stati ospiti del Parroco per la cena, che ci ha omaggiato di cappellini giubilari e finalmente, stanchi ma soddisfatti siamo andati all’albergo Benigni (che ha bottiglie degne del triplice EST).

Questa tappa km 29 (più la "zonta").


Panorama sulla
Valle Suppentonia
da Castel Sant’Elia
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Panorama sulla Valle Suppentonia
da Castel Sant’Elia
(Foto di E.Fiorentini)



Panorama sulla
Basilica di Sant’Elia
(7047 bytes)
Panorama da Castel Sant’Elia
sulla Valle Suppentonia,
sulla Basilica di Sant’Elia e sulla
chiesa rupestre di SS. Maria ad Rupes
(Foto di E.Fiorentini)

Basilica di
Sant’Elia
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La Basilica di Sant’Elia
(Foto di C.Melappioni)

Il ponte medioevale che
supera il Fosso del Ponte
nella valle Suppentonia
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Il ponte medioevale a schiena d’asino
che supera il Fosso del Ponte
nella Valle Suppentonia
(Foto di E.Fiorentini)
Il gruppo attraversa il
ponte medioevale
sul Fosso del Ponte
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Il gruppo attraversa il ponte
medioevale sul Fosso del Ponte
nella Valle Suppentonia
(Foto di E.Fiorentini)
In discesa verso Castel
d’Ischi e il Fosso Cerreto
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In discesa verso l’area di Castel
d’Ischi e il Fosso Cerreto
(Foto di E.Fiorentini)


Sotto le rocce
di Castel d’Ischi
(9797 bytes)
Transitando nella forra di Fosso Cerreto
sotto le rocce di Castel d’Ischi
(Foto di E.Fiorentini)
Sosta nei pressi del
guado di Fosso Cerreto
(6366 bytes)
Sosta del gruppo nei pressi
del guado di Fosso Cerreto
(Foto di E.Fiorentini)
si costruisce il ponte
di tronchi per il guado
del Fosso Cerreto
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Si costruisce il ponte di tronchi
per superare il Fosso Cerreto
(Foto di E.Fiorentini)

Si effettua il passaggio
del Fosso Cerreto
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Tutto il gruppo effettua
il guado del Fosso Cerreto
(Foto di E.Fiorentini)
Panorama sul Fosso Treja
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Panorama sul Fosso Treja
nei pressi dei ruderi di S.Maria
(Foto di E.Fiorentini)
area del mostro
del Fosso Treja
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Anse del Fosso Treja
nella zona del -mostro-
(Foto di E.Fiorentini)

il mostro del
Fosso Treja
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Roccia sulla quale è stato scavato il
muso di un -mostro- sulle rive del Treja
(Foto di E.Fiorentini)
Panorama su Calcata dal
pianoro dei ruderi di S.Maria
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Panorama su Calcata dal
pianoro dei ruderi di S.Maria
(Foto di E.Fiorentini)
panorama su
Calcata
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Panorama di Calcata dalle sponde
del Treja, sotto la rocca
(Foto di E.Fiorentini)

la rocca che sostiene
il Castello d’Ischi
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Panorama sulla rocca che sostiene
i ruderi del Castello d’Ischi
(Foto di E.Fiorentini)
Torre tra i ruderi della
abbazia fortificata di S.Maria
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Nei pressi della Torre tra i ruderi
dell’abbazia fortificata di S.Maria
(Foto di E.Fiorentini)
tabelle del Parco della
Valle del Treja a Mazzano Romano
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Tabella del Parco della Valle
del Treja a Mazzano Romano
(Foto di E.Fiorentini)

Resti di una basilica
nell’area archeologica
falisca sotto il Monte Li Santi
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Resti di una basilica nell’area
archeologica falisca sotto il
Monte Li Santi nei pressi di Narce
(Foto di E.Fiorentini)
alcune case di Mazzano
Romano risalendo al paese
dalla Valle del Fosso Treja
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Panorama di Mazzano Romano
risalendo al paese dalla
Valle del Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)
antico lavatoio di
Mazzano Romano
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Antico lavatoio nel borgo
vecchio di Mazzano Romano
(Foto di G.Borgianelli Spina)



Il Santuario Falisco di Narce sotto il Monte Li Santi:
"I saggi di accertamento, condotti nel corso di quattro campagne di scavo, hanno consentito di mettere parzialmente in luce i resti del complesso monumentale di un importante santuario suburbano.   Nel settore sinora scavato, il complesso architettonico comprende un edificio monumentale (forse l’edificio templare), del quale si è riportata in luce parte della platea di fondazione (muri 1,2), in opera quadrata di tufo e una serie di ambienti annessi, comunicanti tra loro, utilizzati come vani di contenimento del deposito votivo del santuario (vani A,B e C).   Le differenze evidenti nella tecnica di costruzione, unito a chiari indizi di aggiunte e rimaneggiamenti, fanno ipotizzare per il complesso una lunga utilizzazione che si colloca tra la fine del VI e il II sec. a.C.   Una possibilità di lettura dell’articolazione del deposito votivo, si deve anche ad una favorevole circostanza.   Infatti i tre ambienti erano stati sigillati, presumibilmente al momento dell’abbandono del santuario, con più strati di blocco di reimpiego, allo scopo di rendere inviolabili le strutture e i materiali sacri in esse conservati.   E’ presumibile che tale avvenimento debba essere fissato nel II sec. a.C. stando ai dati forniti dai reperti sinora rinvenuti e probabilmente provocato da avvenimenti drammatici: numerose tracce di incendio sono state riconosciute infatti nell’area antistante l’edificio.   La composizione del deposito votivo, che ha restituito sinora oltre duemila reperti, appare caratterizzata da una grande varietà tipologica.   Assai numerose le monete, il cui nucleo più consistente, 144 monete di bronzo rinvenute in ordine sparso nell’area esterna del vano A, comprende in prevalenza monete di zecca romana, dalle emissioni più antiche fino a quelle degli ultimi decenni del II sec. a.C., accanto alle quali si segnalano interessanti presenze di moneta greca.   La scarsa percentuale di votivi riproducenti parti del corpo umano, rinvenuti nel santuario, sembra indicare che tutto marginale doveva essere la connotazione salutare del culto che vi era praticato; le sporadiche attestazioni di ex voto anatomici sembrano investire piuttosto la sfera della fertilità femminile.   Il deposito ha restituito un cospicuo numero di teste votive; la netta maggioranza delle teste femminili sembra ancora una volta sottolineare la connotazione femminile del culto.   Benché parziale, l’esplorazione della nuova area sacra di Narce offre già numerosi spunti di riflessione e di studio, sia per quanto riguarda gli aspetti del rituale, sia per ciò che concerne il ricchissimo materiale sin qui riportato in luce.   Un elemento nuovo per la ricostruzione delle vicende storiche della città falisca e di particolare interesse è inoltre la testimonianza di una frequentazione intensa del santuario ancora nel II sec. a.C.   Infatti già dalla prima metà del III sec. a.C. e definitivamente nel 241 a.C., Narce entra nell’orbita romana, con pesanti conseguenze per la sopravvivenza del centro urbano.   La continuità del culto in quest’epoca dunque, e in forma tutt’altro che dimessa, se da un lato dimostra ancora una volta il rispetto del conquistatore romano per i costumi religiosi delle popolazioni assoggettate, dall’altro sembra dimostrare che il santuario doveva avere ampia fama, riscuotendo forme di devozione non limitate al territorio della città di pertinenza".
(NB: Il testo è tratto dal n. 3 del Bollettino di Archeologia edito nel 1900 dal Ministero per i beni culturali e anmbientali, a cura della dott. Maria Anna De Lucia Brolli)


La fornace -storica- lungo
la Valle del Treja
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La -storica- fornace,
lungo la Valle del Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)
ambiente selvaggio nella
Valle del Fosso Treja
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Ambiente selvaggio all’interno
della Valle del Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)
ambiente selvaggio nella
Valle del Fosso Treja
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Ambiente selvaggio all’interno
della Valle del Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)

Il primo guado di un
affluente del Fosso Treja e
incrocio tra sentiero n.1 e n.4
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Primo guado di un affluente del Fosso
Treja e incrocio tra i sentieri n.1 e n.4
(Foto di C.Melappioni)
ambiente selvaggio nella
Valle del Fosso Treja
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Ambiente selvaggio all’interno
della Valle del Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)
nei pressi del secondo
guado del Fosso Treja
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Nei pressi del secondo
guado sul Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)

Il secondo guado
del Fosso Treja
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Il secondo guado del
Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)
oltre il guado
del Fosso Treja
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Il percorso prosegue verso le cascate,
oltre il guado del Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)
Le cascate di
Monte Gelato
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Le cascate di Monte Gelato
formate dal Fosso Treja
(Foto di C.Melappioni)

Le cascate di
Monte Gelato
(6363 bytes)
Le cascate di Monte Gelato
formate dal Fosso Treja
(Foto di E.Fiorentini)
Le cascate di
Monte Gelato
(9273 bytes)
Le cascate di Monte Gelato
formate dal Fosso Treja
(Foto di P.P.Bindi)
Le mole del mulino
di Monte Gelato
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Le mole utilizzate nel
mulino di Monte Gelato
(Foto di C.Melappioni)

Diverticolo della
Via Amerina nei pressi
di Campagnano di Roma
(5464 bytes)
Diverticolo della Via Amerina
nei pressi di Campagnano di Roma
(Foto di E.Fiorentini)
Diverticolo della
Via Amerina nei pressi
di Campagnano di Roma
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Diverticolo della Via Amerina
nei pressi di Campagnano di Roma
(Foto di E.Fiorentini)
Diverticolo della
Via Amerina nei pressi
di Campagnano di Roma
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Archeologi al lavoro nell’area del
diverticolo della Via Amerina
nei pressi di Campagnano di Roma
(Foto di E.Fiorentini)

Arrivo a Campagnano di Roma
dalla valle delle Vorghe
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L’arrivo a Campagnano di Roma
dalla Valle delle Vorghe
(Foto di P.P.Bindi)
Panorama di Campagnano
di Roma da est
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Panorama di
Campagnano di Roma da est
(provenendo dalla Valle delle Vorghe)
(Foto di E.Fiorentini)
Il palazzo comunale
di Campagnano di Roma
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Il palazzo comunale di
Campagnano di Roma
a Piazza Garibaldi
(Foto di E.Fiorentini)

Lunedì 9-10-2000:  (Campagnano di Roma - Madonna del Sorbo - Formello - P. di Veio - Isola Farnese - La Storta)
La prima parte della mattina è trascorsa nell’inutile ricerca di un convento di Suore con annesso ricovero per anziani, dove ascoltare la Santa Messa.   Pare che Campagnano ne ospiti parecchi.

Porta di Campagnano
di Roma e Piazza Regina Elena
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Porta di Campagnano di Roma,
vista dalla Piazza Regina Elena
(Foto di F.Vogel)

Il Granaio Chigi e
il Postiglione a Baccano
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Il Granaio Chigi e il Postiglione
(antica stazione di Posta) a Baccano
(Foto di F.Vogel)

Il bivio di Strada Macchiano
sulla Formellese
(12873 bytes)
Il bivio di Strada Macchiano sulla Formellese
(Foto di P.P.Bindi)

Il sentiero che scende
nella valle sotto il Santuario
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Il sentiero, in fondo a Strada Macchiano,
che conduce nel vallone sotto il Santuario
della Madonna del Sorbo
(Foto di P.P.Bindi)

Anche qui un banale errore di orientamento (a proposito: gli amici Romani erano dotati di GPS ma, in quel momento non erano con noi).   Prendiamo la strada che domina dall’alto la valle del Baccano (da Baccanale), uno dei laghi prosciugati per eliminare la malaria, e ci infiliamo in una stradina bianca che ci porta al Santuario della Madonna del Sorbo (località caratterizzata attualmente dall’assoluta assenza di sorbi) con una chiesetta abbandonata e chiusa, dal campanile mezzo crollato per un recente terremoto, seguito da un fulmine.   Una Madonnina molto venerata (copia di quella che avrebbe lacrimato nel 1998) accoglie le nostre preghiere.   Vive con tre cani in questa località un eremita, di origine bassanese, che ci narra la storia del luogo.   E’ una tappa, come la prossima, di trasferimento.   Vaccinati da guadi improvvisati e da traversate perigliose, il nostro andare ci pare banale.   Due episodi sono però da citare, significativi della simpatia verso i pellegrini: la offerta di grappoli d’uva da parte dei vendemmiatori e, più tardi, di un bicchiere di bianco sincero da parte di un gastroenterologo, nemico giurato dei superalcolici, ma amante del buon vino.   Ci ha ammannito anche pillole di saggezza, spiegando che il cavallo, che ritiene essere un animale stupido, lo è perchè erbivoro e quindi non deve certo aguzzare l’ingegno per procurarsi il cibo, a differenza dei carnivori.   Ai vegetariani la facoltà di controbattere.
Dopo il panino di mezzodì, consumato al rezzo, comodamente seduti sulle poltroncine di un bar, ripartiamo: attraversiamo l’area della necropoli di Veio (emerge dalla mia memoria un nome: Camillo e nulla più), costeggiamo il casale Vaccareccia (ora nobilitato con il nome di Milk Cow Ranch che è tutt’altra cosa) e poi un tumulo etrusco non ancora scavato (una collinetta alta una decina di metri e coperta di folta vegetazione).   Siamo ormai prossimi a Isola Farnese, paese posto su una rupe tra due gole profonde, sovrastato dal Castello dei Ferraioli, con una piazzetta su cui si affaccia la chiesa di San Pancrazio a tre navate con affreschi del ’400.   Distolgo lo sguardo dall’autobus che con poche lirette mi porterebbe alla meta e mi accodo per l’ultimo strappo che ci porta al Centro di Spiritualità "Nostra Signora del Sacro Cuore", a La Storta.
E le Suore non cessano di stupirmi.   Abituato allo stereotipo delle Suore chiuse in una mentalità di altri tempi, mi trovo di fronte ad una Superiora che ammette implicitamente di tingersi i capelli, che canta canzoni napoletane e che confessa un non del tutto sopito desiderio di "muovere le gambe".   Qualcuno potrà giudicare queste note fuor di luogo, ma per me è una consolazione pensare che nei conventi entri un soffio di modernità.

Questa tappa: km 25.


Attraversamento del Fosso Follettino
nel vallone sotto il Santuario della
Madonna del Sorbo
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Attraversamento del Fosso Follettino,
nel vallone sotto il Santuario della
Madonna del Sorbo
(Foto di E.Fiorentini)
Vecchia foto del Santuario
della Madonna del Sorbo
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Vecchia foto del Santuario della
Madonna del Sorbo
(Foto di E.Fiorentini)
lavori di restauro al Santuario
della Madonna del Sorbo
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Sul piazzale del Santuario della
Madonna del Sorbo, con i lavori
di restauro in corso
(Foto di P.P.Bindi)

Cavalli nella
Valle del Sorbo
(9080 bytes)
Cavalli nella Valle del Sorbo
(Foto di G.Borgianelli Spina)
Imbocco di Via della
Spinareta a Formello
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Imbocco della lunga Via
della Spinareta a Formello
(Foto di G.Borgianelli Spina)
Bivio con Via
Baccanello
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Importante bivio di
Via Baccanello a Formello
(Foto di G.Borgianelli Spina)

Il bivio tra Via
Monte Michele con
Via Monte dell’Ara
nel Parco di Veio
(7768 bytes)
Bivio tra Via Monte Michele e Via
Monte dell’Ara, nel Parco di Veio
(Foto di G.Borgianelli Spina)
Il tumulo Tondo dopo
la Fattoria Vaccareccia
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Il Tumulo Tondo -etrusco-, a sinistra,
dopo la Fattoria Vaccareccia
(Foto di G.Borgianelli Spina)
Il Fosso Pioldo affluente
del Fosso Valchetta
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Il Fosso Pioldo, affluente del Fosso Valchetta, prima di Isola Farnese
(Foto di G.Borgianelli Spina)

Arrivo a Isola Farnese lungo
la Via del Prato della Corte
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Arrivo a Isola Farnese risalendo la valle
lungo la Via del Prato della Corte
(Foto di G.Borgianelli Spina)
Scorcio sul borgo
antico di Isola Farnese
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Nel borgo antico di Isola Farnese
(Foto di G.Borgianelli Spina)
Castello di Isola Farnese
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Il Castello di Isola Farnese
(Foto di G.Borgianelli Spina)


Il Campanile della
chiesa di La Storta
(28279 bytes)
Il campanile della chiesa di La Storta
(Foto di E.Fiorentini)
  La Cappella della Visione
a La Storta con il cartello
del Giubileo del 2000
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La Cappella della Visione a La Storta
con il cartello del Giubileo del 2000 (poi eliminato)
(Foto di E.Fiorentini)

Martedì 10-10-2000:  (La Storta - Tenuta della Castelluccia - Via Trionfale - Villa Mazzanti - Roma)
Ultima tappa.   Una breve sosta alla cappella della Visione, eretta in memoria di quella avuta da Sant’Ignazio da Lojola nel 1533, e ci inoltriamo per strade e stradine, scovate chissà come dai Nostri.

Cappella della Visione
nell’abitato di La Storta
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Cappella della Visione nell’abitato di La Storta
con ancora il cartello del Giubileo del 2000
(Foto di E.Fiorentini)

Interno della Cappella
della Visione a La Storta
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L’interno della Cappella della Visione
a La Storta
(Foto di E.Fiorentini)

Visioni di colline verdi
verso la borgata della Giustiniana
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Visioni di colline verdi verso la Giustiniana
(Foto di E.Fiorentini)

Non c’è molto da raccontare: un brutto villaggio con case tutte uguali, una grande tenuta: la Castelluccia, che nel ventennio ha conosciuto tempi migliori, una vecchia torre medioevale, la Torraccia.   Costeggiamo i grandi impianti di sollevamento dell’acqua potabile, alcuni grossi ospedali inseriti in zone incolte, attraversate da profonde forre.   Siamo giunti ormai alla zona densamente abitata, con strade trafficate e giungiamo all’Istituto don Orione con il centro di formazione professionale per Meccanici e ci inoltriamo nel Parco di Monte Mario, un’oasi verde dalla quale si ammira il panorama di Roma e, finalmente, il cupolone di San Pietro.   "Mons Gaudii" lo chiamavano i pellegrini che si sentivano al termine del loro andare.   E nei pressi gli amici romani, raggiunti da mogli e socie, con squisita ospitalità ci hanno offerto un ricco spuntino di tranci di pizza di tutti i gusti da consumare con vino generoso.   Da ultimo Alberto ci ha riservato una chicca: la visita alla chiesetta di San Lazzaro dei Lebbrosi, già di Santa Maria Maddalena, dove i pellegrini ricevevano le cure se ammalati, e attendevano, anche se "potenti", di essere ammessi alla presenza del Papa.   A coronamento del nostro viaggio abbiamo intonato un inno dei pellegrini "0 Roma nobilis, orbis et domina" del X° secolo, pervenutoci con la musica originale.

Questa tappa: km 21.

Le gentili Socie della G.M. di Roma ci scarrozzano fino ad Acilia.   La sera cena comunitaria con discorsi vari (c’erano tre massime autorità, il Presidentissimo Piero e i presidenti di Roma e di Venezia): ringraziamenti, abbracci d’addio.
Aspettiamo che cessi un temporale (erano troppi due giorni e mezzo di bel tempo) e poi ci rechiamo all’istituto dei Canossiani di Acilia che ci ha offerto un pernottamento stile rifugio, con letti a castello.


Torre di Spizzichino nella
Tenuta della Castelluccia
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Torre di Spizzichino
nella Tenuta della Castelluccia
(Foto di E.Fiorentini)
I silos dei casali -ville-
nella Tenuta della Castelluccia
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Silos di casali-ville nella
Tenuta della Castelluccia
(Foto di E.Fiorentini)
incontri con escursionisti
a cavallo nella tenuta della castelluccia
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Incontro con escursionisti a cavallo
nella Tenuta della Castelluccia
(Foto di E.Fiorentini)

Il Castello della
Castelluccia
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Il Castello della Castelluccia
oggi divenuto Hotel-Relais
(Foto di E.Fiorentini)
Alcuni asini nella Tenuta
della Castelluccia
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Incontro con alcuni asini
nella Tenuta della Castelluccia
(Foto di E.Fiorentini)
Panorama del Parco
della Castelluccia
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Panorama su parte del
Parco della Castelluccia
(Foto di E.Fiorentini)


Gruppo all’ingresso della
Tenuta di Casal del Marmo
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Gruppo in posa all’ingresso
della Tenuta di Casal del Marmo
(Foto di E.Fiorentini)
Sosta pranzo all’interno
dell’Istituto S.Maria della Pietà
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Sosta pranzo all’interno dell’Istituto
S.Maria della Pietà -ex manicomio-
(Foto di E.Fiorentini)
Transito sui sentieri di Monte
Mario con panorama su Roma
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Transito sui sentieri di Monte Mario
e panorama su Roma
(Foto di E.Fiorentini)

Transito sui sentieri di Monte
Mario con panorama su Roma
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Transito sui sentieri di Monte Mario
e panorama su Roma
(Foto di E.Fiorentini)
Vista del Cupolone di San Pietro
dal Parco Mellini di Monte Mario
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Vista del Cupolone di San Pietro
dal Parco Mellini di Monte Mario
(Foto di E.Fiorentini)
Scendendo verso
Villa Mazzanti
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Scendendo verso Villa Mazzanti
(Foto di E.Fiorentini)

Arrivo a Villa Mazzanti
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Arrivo a Villa Mazzanti
(Foto di E.Fiorentini)
Il gruppo radunato
a Villa Mazzanti
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Il gruppo radunato a Villa Mazzanti
(Foto di E.Fiorentini)
Sosta alla chiesa di San
Lazzaro dei Lebbrosi
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Gruppo in sosta alla chiesa di
San Lazzaro de’ Lebbrosi a Roma
(Foto di E.Fiorentini)
La chiesa di San Lazzaro
dei Lebbrosi a Roma
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La chiesa di San Lazzaro de’ Lebbrosi a Roma
(Foto di E.Fiorentini)
  Gruppo in sosta davanti alla
chiesa di San Lazzaro dei Lebbrosi
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Gruppo in sosta davanti alla chiesa di San Lazzaro
de’ Lebbrosi a Roma
(Foto di E.Fiorentini)

Mercoledì 11-10-2000:  (Roma - Città del Vaticano - rientro a Venezia)
Sveglia presto, per arrivare per tempo a San Pietro, per evitare che altri occupino i posti a noi riservati.   La piazza si riempie lentamente e per le dieci una marea di folla saluta il Papa, pronta ad ascoltare la Sua parola.   Dopo la presentazione dei gruppi presenti (e quindi anche la Giovane Montagna), i Diaconi leggono nelle varie lingue il brano della lettera agli Ebrei riguardante il Sacrificio di Cristo.   Il Santo Padre lo commenta, ricordando che il Sacrificio di Cristo, Essere senza macchia, è reale come i sacrifici antichi, ma ha un valore infinitamente superiore, ed è valso a purificare le coscienze e a riportarle a Dio.   Commuove la vista di questo Anziano, piegato dall’età e dai malanni, che non risparmia le forze per essere vicino al popolo dei Credenti.
La visita a San Pietro e la recita delle orazioni prescritte per acquisire l’indulgenza chiudono il nostro pellegrinaggio.
Gli amici romani e le gentili consorti ci hanno voluto offrire il pranzo di mezzogiorno, preparato da ottime cuoche, nei locali di un centro culturale.
Il viaggio di ritorno a Venezia non ha avuto storia.
Prima di chiudere questa lunga sequenza di "indelebili ricordi", un ringraziamento a Tita e Renzo, e ai romani: Alberto, innamorato delle antichità romane, Enea, vulcanico organizzatore, Gino, autodefinitosi autista e facchino, Giuliano, dalla faccia di Angelo di prima classe che ci deliziava con i suoi commenti serali alla tappa e infine Mario, timido, quasi sempre silenzioso, ma pieno di attenzioni per noi pellegrini.
Grazie: senza di voi non avremmo certo potuto fare questo cammino!!.

Franco Giacomelli
( Cronaca apparsa sul Notiziario della Sez. GM di Venezia - Natale 2000 )


La Basilica di
San Pietro a Roma
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La Basilica di San Pietro a Roma
(Foto di E.Fiorentini)


I saluti... e le conclusioni...

E’ stato bello pubblicare sul mio sito la "Cronaca" di Franco Giacomelli a ricordo dell’inaugurazione ufficiale del cammino sulla Via Amerina e poi sull’ultimo tratto della Via Francigena.   Penso che il testo e le foto qui presentati rimarranno un bel ricordo per coloro che hanno partecipato a questa avventura e anche per coloro che non sono stati presenti.   Per questi ultimi, leggere questa "Cronaca" sarà uno stimolo in più per partecipare.
Da queste righe invio il mio saluto a tutti, sperando di incontrarvi di nuovo sulla "Via".

Ultreya!

Enea
Roma, Gennaio 2001


Il ricordo del cammino e qualche commento... di due partecipanti...

Al gruppo della G.M. di Roma ed a tutti i partecipanti delle ultime tappe del Sentiero del Pellegrino nell’Ottobre 2000.

Carissimi tutti,
Circa tre settimane fa trasmettevano alla televisione il film "Storia di una capinera"; in esso era rappresentata una scena dove un gruppo di ragazzi si tuffava nelle acque di un laghetto: forse si trattava proprio del laghetto e delle Cascate di Monte Gelato!
Ed il pensiero è corso subito al tratto della Via Francigena che avevamo fatto prima di arrivare a Campagnano di Roma.
Quali e quante emozioni ripensando ai bellissimi giorni trascorsi assieme durante... quel percorso... così particolare!   E’ proprio grazie a voi che ci avete fatti sentire orgogliosi del cammino percorso assieme, che ora il pensiero ci riporta ad ognuno di voi:
Ad Enea Fiorentini (il mitico condottiero senza macchia e senza paura), bravissimo organizzatore.
Al nostro Presidente nazionale della G.M., Piero Lanza, con tutto il peso dello zaino sempre su di una sola spalla, slittando e... rialzandosi, aggrappandosi (come tutti noi), alle piante di pungitopo, (incredibile la resistenza di questi mesti cespugli!).   Sul volto impresse la determinazione e la tenacia piemontese nell’arrivare comunque alla meta prefissata.
Con quanta stima abbiamo ammirato i coniugi Alberti, che si sono fatti carico delle preoccupazioni di tutti, immedesimandosi nelle difficoltà che ciascuno di noi incontrava.
Ai coniugi Ilio e Meme... che in macchina ci aspettavano... e non riuscivano a capire... quel ritardo fuori da tutti i tempi!
Al notevole altruismo e grande abilità di Gianni Cavalli (del gruppo G.M. di Venezia) sempre pronto nel rimediare al momento alle difficoltà degli altri: mentre la cara moglie Margherita, si metteva le mani nei capelli vedendolo sprofondare imperterrito nell’acqua per riuscire a posizionare corde e tronchi per fare in modo, assieme agli organizzatori, di permettere il superamento dei guadi.
Alle risate "terapeutiche" procurateci da Giuliano Borgianelli durante la cena dei... miracolati! ...Nel raccontare le nostre gesta... e all’impressione che dovevamo aver fatto a coloro che, dalla parte opposta del fiume, ci stavano a guardare come se ci fossimo cimentati in una gara di sopravvivenza!
Poi, l’accoglienza a Roma il giorno dell’arrivo: pizze a profusione per tutti.
E, il giorno della partenza, dopo l’udienza dal Papa, l’invito a pranzo nella casa dei coniugi Alberti preparato dalle signore della GM romana a base di: pastasciutta, torte salate, piatti esotici, verdure squisite, dolci speciali e vino a profusione, tutte prelibatezze!
Ed ancora, la simpaticissima Gianna, moglie del signor Giuliano, che, per valorizzare la via Francigena si è vestita con una cappa raffigurante la Via Cassia e, per cappello la Basilica di S Pietro, meta del Giubileo.
Infine la disponibilità che avete dimostrato lungo tutto il percorso mettendo a disposizione sia le vostre auto che tutto il vostro tempo.
Difficile riuscire a trovare le parole per ringraziarvi tutti, siete stati tutti fantastici.
Con questi ricordi indimenticabili, un abbraccio affettuoso ad uno ad uno a tutti i partecipanti uniti ai nostri più gioiosi auguri di Buon Natale!

Grazie anche ad Enea per l’E-mail sul nuovo percorso delle ultime tappe.
E’ stato molto più solerte di noi!

Rosy e Tarcisio Pittaluga
Mestre (Venezia) 9-12-2000




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Aggiornamento - 03/01/2009