Visita alle prese del Naviglio di Ivrea,
del Canale Depretis e all’Elevatore Idraulico di Cigliano

(insieme con i partecipanti ai Corsi della Università della Terza Età di Aosta)



VISITA ALLE PRESE DEI CANALI CHE
DERIVANO L’ACQUA DALLA DORA BALTEA DELLA VALLE D’AOSTA

insieme con i partecipanti ai Corsi della Università della Terza Età di Aosta
Venerdì 28 aprile 2023
 
           NOTE VARIE:

  1. Alcune note su Ivrea:    ->>> Back

    [ Ivrea si trova ad una latitudine 45° 27´ 44" Nord e longitudine 7° 52´ 29" Est, con un’altitudine di 267 m s.l.m.
    Bagnata dal fiume Dora Baltea, un affluente del Po, è collocata in un’area formatasi da un grande Ghiacciaio del Pleistocene, il quale trasportò nel tempo numerosi detriti che andarono a formare una serie di rilievi morenici, tra cui la cosiddetta Serra Morenica, considerata la collina più lunga, massiccia e dritta d’Europa, circa 25 km, e che separa il Canavese settentrionale dal Biellese.   La particolare disposizione delle strutture moreniche infatti, tende a formare un vero e proprio anfiteatro geologico, nel quale Ivrea è collocata al centro.   In seguito al ritiro dell’ultima glaciazione (9700 a.C. circa), la zona si arricchì di numerosi laghi morenici, che ancor oggi circondano la città.   Essi sono principalmente cinque, il Lago Sirio, il Lago San Michele (verso Chiaverano), il Lago Pistono a Montalto Dora, il Lago Nero (tra Montalto Dora e Borgofranco) e il Lago di Campagna a Cascinette.   Poco più lontano si trovano anche il Lago di Viverone (al confine con la Provincia di Biella) e il Lago di Candia (nel basso Canavese), oltre ad altri vari piccoli specchi d’acqua sparsi.   Strategico crocevia viario già in tempi remoti, ad ovest di Ivrea è possibile raggiungere la Valchiusella, mentre a nord la regione Val d’Aosta.   A est si diparte la strada per Vercelli e Milano.
    A nord-est, quella per Biella, distante solamente 20 km in linea d’aria e 35 km su strada.   Il centro storico di Ivrea si inerpica su una collina che porta al Castello sabaudo ed al Duomo, mentre la parte moderna si estende in piano, occupando entrambe le sponde della Dora Baltea ed i territori circostanti.   Verso sud, si accede invece al Canavese, verso Torino.   Nel 1468, per volere di Jolanda di Francia, venne costruito il cosiddetto Naviglio di Ivrea, un canale irriguo destinato a rifornire di acqua le risaie del vercellese e che, essendo in origine navigabile, permetteva il collegamento tra Ivrea e Vercelli.
    Parte del testo tratto dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Ivrea ]


  2. Alcune note sul Naviglio di Ivrea:    ->>> Back

    [ Iniziato nel 1433 sotto Amedeo VIII, primo duca di Savoia, venne portato a compimento dopo 35 anni, nel 1468, durante la reggenza della duchessa Jolanda di Francia, moglie di Amedeo IX.   Il canale fu costruito come canale navigabile per collegare la città di Ivrea a quella di Vercelli e per irrigare le campagne del Vercellese.   A causa di insabbiamenti e di mancanza di manutenzione, il canale fu parzialmente abbandonato e perse la capacità di navigazione e quindi la possibilità di trasportare merci sullo stesso.   Successivamente, nel 1651 lo acquistò il Marchese di Pianezza, principe di Francavilla che lo riaprò a causa della impellente necessità di acqua per le nuove culture, obbligando il proprietario a sobbarcarsi dispendiosi lavori di ripulitura e di riattivazione del canale.   Appartenne lungamente ai Pianezza, tanto che ancora nel 1830 lo si chiamava "Naviglio di Francavilla".   Oggi la sua principale funzione è quella di fornire acqua alla risicoltura e alle aree collinari dedicate a frutteto.   Nei pressi della SP 143 (ex SS 143) sul canale è attiva la centrale idroelettrica "Petiva".   Il Naviglio di Ivrea nasce dalla Dora Baltea presso il centro storico di Ivrea (a quota di 237 m slm) dove il fiume, dopo aver attraversato uno stretto canyon in mezzo alla città, si allarga.   Prosegue quindi verso sud-est, costeggia la morena di Masino e si avvia verso la forra di Mazzè, gola che chiude l’anfiteatro morenico di Ivrea: qui, dato l’esiguo spazio a disposizione, affianca la stessa Dora Baltea scorrendo vicinissimo al fiume, poche decine di metri più a nord, dove è stata costruita un’importante struttura: lo "Scaricatore della Maddalena", utilizzato per equilibrare i livelli del canale.   In corrispondenza della frazione Rocca di Villareggia se ne discosta puntando verso nord-est.   Alla Rocca una lapide posta sulla sponda sinistra del canale ricorda lo scavo del trincerone del Naviglio d’Ivrea su progetto di Leonardo da Vinci.   Entrato in Provincia di Vercelli, porta acqua alle risaie e incrocia tramite un nodo idraulico (Nodo della Restituzione) il Canale Depretis.   Il Naviglio poi piega a sinistra e raggiunge Santhià, dove forniva l’acqua alla Stazione Idrometrica Sperimentale, e da dove (piegando nuovamente a sud-est), fiancheggiato dalla strada provinciale SP11 (ex SS11), al Nodo idraulico della Naia (o delle Naie, a 168 m di quota) incrocia anche il canale Cavour.   Prosegue quindi verso San Germano Vercellese (sempre in direzione sud-est) ed entra in Vercelli.
    Attraversata la città, termina infine il suo corso nel fiume Sesia, a 120 metri di quota, dopo circa 74 km.
    Note liberamente tratte dal sito:
    https://it.wikipedia.org/wiki/Naviglio_di_Ivrea ]


  3. Note sulla Associazione di Irrigazione Ovest Sesia (AIOS):    ->>> Back

    [ L’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia (AIOS) (1853 - 2023), nel suo 170° anniversario, ricorda la propria storia.
    Nella seduta del 22 Settembre 1851 del Consiglio Provinciale di Vercelli, Presidente il Conte Camillo Cavour in allora Ministro dell’Agricoltura e Commercio, era all’ordine del giorno la discussione sul progetto per l’affittamento delle acque demaniali ad una associazione generale di utenti allo scopo di affidare direttamente agli agricoltori, riuniti in associazione, la gestione delle acque fino allora concessa dallo Stato a privati appaltatori.   Il progetto di massima presentato al Consiglio Provinciale conteneva due principi che si dimostrarono determinanti per lo sviluppo dell’Associazione:
    - L’obbligo di tutti gli associati di accomunare le loro acque con quelle della società a quei patti ed a quelle condizioni da determinarsi dagli statuti definitivi della società.
    - Il vincolo a favore della società di tutte le acque vive di sovrabbondanza e le colaticcie delle irrigazioni.
    Si affermava quindi il proposito di accentrare tutte le acque in una gestione unitaria affinché l’utilizzazione integrale delle acque sostituisse un beneficio d’ordine generale a cui tutti gli utenti partecipassero in eguale misura.   Tali norme vennero inscritte nel primo Statuto dell’Associazione di Irrigazione all’Ovest del Sesia, elaborato in successive sedute del Consiglio Provinciale degli anni 1852 e 1853 unitamente allo schema del Capitolato di affittamento delle acque dei Canali Demaniali derivati dal fiume Dora Baltea.   I successivi Statuti mantennero le caratteristiche essenziali del primo.   Il 7 Maggio 1853 Camillo Cavour, Presidente del Consiglio, presenta ed ottiene alla Camera l’approvazione del progetto di legge, costitutivo dell’Associazione tra tutti i proprietari dei beni rurali all’Ovest del Sesia concludendo il suo discorso con queste indimenticabili parole:
    " L’esperimento che vi è proposto ed a cui prendono parte 3500 agricoltori riuniti in associazione, voi dovete approvarlo, non solo in vista dei vantaggi economici e finanziari che esso reca, ma altresì perché è un gran fatto, un fatto nuovo, non solo in questo Paese, ma oserei dire in tutta l’Europa, atteso ché questa sarebbe la più larga applicazione dello spirito di associazione che siasi fatto alla agricoltura.   Se questo riesce, o Signori, se noi giungiamo a costituire un’associazione di 3.500 agricoltori, questo esempio produrrà un immenso effetto sugli agricoltori di altre Province e farà sì che non sarà difficile il costituire associazioni, agricole, non solo allo scopo di irrigare terreni, ma nell’intento di compiere varie imprese le quali possono tornare a vantaggio ed utilità grandissima della agricoltura ".
    La legge veniva emanata il 3 Luglio 1853 col numero 1575.
    <...>
    Il testo continua sul sito di AIOS, indicato di seguito:
    https://www.ovestsesia.it/storia/associazione/ ]


  4. Note sulla città di Vercelli:    ->>> Back

    [ Vercelli, capoluogo dell’omonima provincia, è situata sulla sponda destra del fiume Sesia, nella parte orientale del Piemonte.   Da sempre, è stata un importante nodo di strade, in epoca romana fu conosciuta con il nome di "Vercellae" e descritta come uno dei "firmissima Municipia" romani della Transpadana.   Dal IV secolo divenne prima diocesi e centro di propagazione del cristianesimo in tutta la regione su impulso di Eusebio.   Nel medioevo Vercelli divenne un "Libero Comune", e questo fu un periodo di grande splendore artistico e culturale per la città, tanto che vi sorse nel 1228 lo "Studium", la prima università subalpina, con l’aiuto del Cardinale Guala Bicchieri, e di un suo lascito economico dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1227.   In epoca moderna iniziè la coltivazione del riso nel suo territorio: le attività concernenti la coltura, la sperimentazione e il commercio del riso rappresentano ancora oggi la base dell’economia locale tanto da essere riconosciuta come capitale italiana del riso.   Sul finire del XX secolo, è iniziata la crisi dell’industria, e lo sviluppo economico si è spostato nel settore terziario e nella logistica.
    Oggi si nota una costante espansione del turismo, sia come tappa della Via Francigena, sia come turismo storico-artistico grazie alla presenza di alcuni monumenti come la Basilica di Sant’Andrea, il Duomo, San Cristoforo, ARCA o di eventi come il Concorso Viotti.   Lo stemma di Vercelli è stato concesso con regio decreto del 2 ottobre 1929 ed è costituito da uno scudo con una croce rossa su campo argenteo.   Lo scudo è contornato da un serto d’alloro e ulivo, coi rami incrociati sotto la punta, serrati da un nastro tricolore e da un cartiglio argenteo riportante il motto: POTIUS MORI QUAM FOEDARI ("Meglio morire che tradire").
    Note liberamente tratte dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Vercelli ]


  5. Note sul paese di Vestignè:    ->>> Back

    [ Il piccolo borgo di Vestignè si trova in un territorio collinare nel basso Canavese centro-orientale, nella parte sud della collina del Castello di Masino (sotto il comune di Caravino) con il quale confina a nord.   A ovest, confina invece con Ivrea, Strambino e Vische, separati dal fiume Dora Baltea.   A sud ed est, confina con Borgomasino e Cossano Canavese.   Il toponimo potrebbe derivare dal prediale latino Vestinius, forse del III secolo, da cui Vestiniacus o Vetignago, ma sono fortemente probabili dei preesistenti insediamenti celtici dei Salassi.   Il piccolo borgo fu spesso colpito dalle numerose esondazioni della vicina Dora Baltea, specialmente nei pressi di frazione Tina, situata molto più a nord del comune, lungo la strada per Ivrea e non contigua col comune, assai decentrata, oltre il vicino centro di Caravino.   Vestignè è altresì attraversato dal Naviglio d’Ivrea, canale artificiale del XV secolo a scopo d’irrigazione agricola, per il qual progetto pare che fu anche scomodato lo stesso Leonardo da Vinci, durante la sua permanenza a Milano.   Vestignè riebbe splendore quando fu annesso ai possedimenti di Umberto I Biancamano e poi dei Valperga, a partire dall’XI secolo.   Questi si definirono arduinici, già signori di Caluso, discendenti anche dei Conti di Pombia e del maniero di Borgomasino e dell’appena nascente Castello di Masino.
    Tuttavia, Vestignè si distaccò da essi quando entrarono in lotta, nel XIII secolo contro i San Martino, questi ultimi legati ai Savoia, quindi alle successive rivolte popolari dei cosiddetti tuchini, fino alla completa sottomissione dei Valperga al potere sabaudo nel 1356, dove i duchi sabaudi l’amministrarono fino al Risorgimento.
    Note tratte dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Vestign%C3%A8 ]


  6. Note sul paese di Villareggia:    ->>> Back

    [ Villareggia, piccolo comune dell’area metropolitana di Torino, si distende sulla vasta pianura del Vercellese, che inizia proprio qui, dove le colline della Morena Frontale dell’antico Ghiacciao Balteo, tagliate dal fiume Dora Baltea, lasciano posto ad una terra generosa e produttiva.   Nelle antiche carte il nome è scritto "Villaregia" o anche "Villa Regia" e non come si scrive oggi "Villareggia".   Si ritiene che in origine fosse un latifondo di proprietà reale per qualche confisca operata dal Sovrano o Signore, oppure per una vera e propria riserva concessa al suo territorio ed ai suoi abitanti.   L’ipotesi è anche avvalorata dal fatto che Villareggia possedeva il suo castello, in cui risiedeva il Signore o l’agente regio.   Non è tuttavia da escludere che fosse invece una casa o villa di caccia per il Signore.
    L’essere costituita di poche case rustiche e forse, particolarmente, l’essere dominio diretto del Signore, tolse il paese di Villareggia dalla storia comune dei paesi vicini.   Compare, come nucleo di qualche importanza, assai tardi, quando gli abitanti dei luoghi vicini, forse per mettersi più al sicuro sotto la diretta difesa del Signore, abbandonarono le loro abitazioni di Miralda, di Uliacco e di Moriondo e si trasferirono al piano, nei confini dei possedimenti signorili.
    Dei tre borghi ubicati nei pressi di Villareggia oggi non rimangono che pochi resti: la chiesa di San Martino ad Uliacco, i ruderi di San Michele con il vicino cascinale a Moriondo, e la chiesa di Miralda.   Tralasciando l’origine e la storia di questi villaggi, che pure ci interessano molto da vicino, si può ritenere verosimilmente, desumendo la notizia da documenti dell’epoca, che Villareggia fosse intorno all’anno 1000 un possesso personale dei conti di Biandrate.
    Determinare come sia venuto in possesso di questa famiglia non è stato finora possibile.   Dai conti di Biandrate, per ragioni ereditarie, passò probabilmente ai conti di Albiano, e da questi, per la cessione dei propri beni fatta all’imperatore Federico II, allo stesso Imperatore.   Passata successivamente, come pare, al Cardinale Guala Bicchieri, venne ceduta all’Abbazia di Sant’Andrea di Vercelli.   Tra le carte conservate in quell’archivio esiste, tuttora, un inventario del 1225, nel quale si trova segnato il nome di "Villa Regia", e ne stabilisce all’incirca anche la località: nelle vicinanze della Dora Baltea e della chiesa di San Martino.
    <...>
    Nel 1608, la comunità dava inizio alla costruzione della chiesa di San Rocco e San Sebastiano, in adempimento di un voto fatto durante il periodo in cui infierì nel Canavese la peste.   Questa si manifestò a Villareggia nel 1540 e nei due anni seguenti, e ricomparve nel 1571.   Scrive il Bertolotti in una sua trattazione: "... i malati di peste ... si chiudevano in capanne di paglia, le quali venivano poi bruciate con l’estinto.   Si era nell’estrema miseria; era ritenuto ricco chi poteva avere un pugno di miglio a pranzo ed un pugno di farina di ghiande per gli ammalati ...".
    Ad aggravare la situazione, di per se stessa molto precaria, intervennero altresì le guerre che in quel periodo si scatenarono tra Francia e Spagna per il possesso del Milanese.   Il Canavese fu invaso dalle truppe straniere, le quali portarono disordini, turbolenza e miseria.   Con la pace di Cateau-Cambrésis (2-3 aprile 1559), che pose fine alla guerra, i Savoia riebbero i loro Stati.   Tuttavia i Francesi restarono nelle fortezze di Torino, Pinerolo, Chivasso, Villanova d’Asti e Chieri; gli Spagnoli, in quelle di Asti e Santhià.   Villareggia si trovò ad avere milizie straniere a pochissima distanza.   I suoi campi erano quindi perennemente minacciati dalle soldatesche degli uni o degli altri per cui i contadini coltivarono in quegli anni solo quello che poteva sopperire ai bisogni della famiglia.   Il Naviglio di Ivrea fu quasi del tutto abbandonato, tanto che, pieno di terriccio e di sterpaglie, non serviva più all’irrigazione dei campi.   Di più, le imposizioni, sia in denaro che in natura, costringevano la popolazione alla miseria e alla disperazione.   Le guerre, come fatalmente succede, avevano rovinato le famiglie e gli individui.   Turbe di sbandati si erano rifugiati nei boschi, allora molto estesi, e da qui minacciavano continuamente i beni delle popolazioni più vicine.   La comunità di Villareggia dovette pubblicare un bando contro " li stradaroli, li vagabondi e i malviventi ".   Il bando è del 1606 e dice: " I Consoli e Credenziari ordinano che non vi sia persona alcuna di questo luogo, ne panettieri, che abbiano a vendere pane ne a somministrare vino o qualsivoglia altro alimento, a persone vagabonde e malviventi, sotto pena di 25 scudi d’oro per ognuno e per ogni volta somma che sarà versata per due terzi al fisco di Sua Altezza, e per un terzo all’accusatore, il quale essendo persona degna di fede, mediante il suo giuramento, gli sarà dato credito ".   I Villareggesi furono sempre tenaci nel difendere le loro prerogative e gelosi di essere alle dipendenze immediate dei duchi di Savoia.
    <...>
    Notizie tratte dalla Tesi di laurea della Prof. Maria Gianetto.
    il suo testo, molto più ampio e completo, è visibile sul seguente sito:
    http://www.comune.villareggia.to.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=22440
    Altre note sul sito:
    http://www.comune.villareggia.to.it/ ]


  7. Note sul Canale Depretis:    ->>> Back

    [ Il canale Depretis fu aperto nel 1785, sotto il regno di Vittorio Amedeo III (1726-1798).   Esso deriva a sinistra dalla Dora Baltea presso Villareggia (TO) in regione Boschetto.   Ripiega poi verso nord-est e sbocca nel torrente Elvo presso Carisio (VC).   Ha uno sviluppo di oltre 31 Km.   La sua portata era dapprima di 18 mc al secondo, ma da quando con la legge del 17 luglio 1858, sotto il regno di Vittorio Emanuele II (1820-1878), fu deliberato l’ampliamento del canale e la sua portata raggiunse i 55 mc al secondo.   L’ampliamento fu opera dell’Ing. Carlo Noè (1812-1873), oriundo di Cigliano, che si completò nel 1887, proprio nell’anno della morte del Ministro Depretis (1813-1887), che si era speso per la sua costruzione.   Proprio come riconoscimento, con decreto del 22 settembre 1887, si diede il suo nome al Canale.   Il chiusello d’imbocco del Canale Depretis è comunemente denominato "Baraccone", dalla baracca costruita dagli operai all’epoca dell’ampliamento.
    Note tratte dal sito:
    http://www.comune.villareggia.to.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=22440 ]


  8. Note sull’Ingegnere Carlo Noé:    ->>> Back

    [ Carlo Noé (1812-1873) nacque a Bozzole Monferrato in provincia di Alessandria.   Nominato Ispettore ingegnere capo dello Ufficio Tecnico di Cigliano nel 1841 dal re Carlo Alberto, fu impegnato nella stesura di un progetto per allargare il Canale di Cigliano ed in seguito svolse, per conto del Ministero delle Finanze, livellazioni e studi per attuare l’idea dell’agrimensore Francesco Rossi di derivare un canale dal Po.   Alla sua inventiva si deve l’idea di utilizzare le acque dei canali del Vercellese per bloccare l’avanzata degli Austriaci verso Torino nel corso della seconda guerra di indipendenza.   Tra il 25 ed il 29 aprile 1859 provocò, infatti, l’allagamento del territorio tra la Dora Baltea e la Sesia, facendo sbarrare i canali d’Ivrea, di Cigliano e del Rotto.   Ricevette numerose onorificenze tra cui la croce di Cavaliere, poi di Ufficiale ed in seguito di Commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro; fu Cavaliere dell’Ordine di Carlo III, in Spagna, per la sua attività di progettazione dell’irrigazione in quel Paese e socio onorario corrispondente dell’Accademia dei Georgofili di Firenze.
    Note tratte dal sito:
    https://www.camillocavour.com/archivio/persone/no%C3%A8-carlo/ ]


  9. Note sul Canale del Rotto:    ->>> Back

    [ Di data antecedente la costruzione del Naviglio di Ivrea risulta la costruzione del Canale del Rotto, voluta da Giovanni del Monferrato verso la fine del 1300 e l’inizio del 1400.   La tradizione fa risalire ai monaci cistercensi di Lucedio il merito di aver introdotto e diffuso la coltura del riso nella loro abbazia e in tutto il Vercellese.   È attribuibile anche al loro intervento la costruzione di uno dei canali fondamentali per l’agricoltura vercellese, il Canale del Rotto.
    Infatti una violenta piena del fiume Dora Baltea, aperse un varco nel territorio di Saluggia, definito Rotto.   I Marchesi del Monferrato ne approfittarono per costruire il noto canale; in quegli anni l’abbazia di Lucedio era sotto il patronato dei Marchesi del Monferrato e i monaci intervennero nella costruzione, garantendosi i due terzi della proprietà e godendo in modo privilegiato dell’acqua per le loro risaie.   La presa originaria del canale nel territorio di Saluggia, fu spostata, in seguito a breve distanza dalla derivazione del Canale Depretis.   Il Rotto viene attualmente alimentato da scaricatori del canale Depretis in prossimità dell’Elevatore idraulico di Cigliano.
    Note tratte dal sito:
    https://www.mattiaca.it/unfiumetesto.htm#calu ]


  10. Note sull’Elevatore Idraulico di Cigliano:    ->>> Back

    [ Il piano che è compreso fra i fiumi Dora Baltea, Po, Sesia ed il torrente Elvo ha origine alle falde della collina morenica che chiude il bacino di Ivrea.   Questo piano sin dai tempi abbastanza antichi è stato solcato da canali, i quali servivano insieme per l’irrigazione e per il trasporto di alcune merci.   Oltre alla irigazione nelle pianure bagnate dai fiumi Dora Baltea, Sesia, dal torrente Elvo e dai canali Naviglio di Ivrea, Depretis e Rotto, restava ancora una zona non irrigata verso la collina, ed era quella che si trovava superiormente al Canale Naviglio di Ivrea ed alla Roggia della Mandria, che è una derivazione di quello.   L’estensione di tale zona era di circa 7500 ettari.   Questa zona, per rispetto al piano del bacino di Ivrea ed al largo letto di erosione dellla Dora e dell’Elvo, si potrebbe chiamare altipiano, perchè mentre il piede della collina a Villareggia è a 280 metri sul livello del mare, il letto della Dora è a metri 210.   Eguale differenza di livello si riscontra tra il letto dell’Elvo e la pianura attigua.   Il sottosuolo della zona sopraelevata è formato da un letto di grande potenza di ciottoli, di ghiaia e sabbia disposti talora a strati regolari e talora frammisti caoticamente.   Esso si incontra sotto un leggero strato vegetale seguito, in molti siti, da uno strato più o meno grande di terreno argilloso.   Mancando questa zona di irrigazione era assai triste il quadro che si presentava ogni anno, in quelle zone, nei mesi di maggior calore e siccità.   Tutto inaridiva sotto la sferza del sole; il suolo si induriva in modo da non permettere alcuna lavorazione, e la vegetazione incominciata avvizziva ed era arrestata nel suo corso.   Nel 1878, per iniziativa di don Evasio Ferraris (già cappellano militare, che nel 1851 era stato nominato viceparroco di Moncrivello), si costituì il consorzio dei proprietari interessati alla costruzione di un impianto d’irrigazione che permettesse l’innalzamento, di almeno 20 metri, di una portata di circa 1000 litri d’acqua al secondo, prelevati dal Naviglio d’Ivrea, per irrigare aree non ancora servite dalla rete dei canali esistenti.   Fra i vari progetti presentati fu scelto quello dell’ingegner Locarni di Vercelli, che prevedeva un sistema piuttosto complesso di prelievo e sollevamento delle acque, sfruttando i 3 canali Depretis, del Rotto e Naviglio d’Ivrea.
    Il progetto che fu realizzato si basa su una stazione di pompaggio più bassa di circa 20 metri rispetto al Naviglio d’Ivrea: le acque qui convogliate da apposita condotta risalgono poi alla stessa quota di partenza per forza naturale (principio dei vasi comunicanti) e sono sospinte ancora più in alto, fino all’altopiano di Cigliano, per opera di due turbine azionate da una portata di 7 metri cubi al secondo del Canale Depretis, transitante in prossimit224;, ma ad un livello leggermente più alto.   Le acque del Canale Depretis vengono poi scaricate nel Canale del Rotto, a livello ancora più basso del Depretis.   In tal modo l’innalzamento di 20 metri di parte delle acque del Naviglio d’Ivrea avviene sfruttando l’energia idraulica del Canale Depretis e dunque senza utilizzo di energia elettrica.   I lavori furono terminati nel 1882.   Il costo di realizzazione, di circa 160.000 lire dell’epoca (oltre 500 mila euro attuali) fu sostenuto per intero dai membri del consorzio irriguo.   L’Elevatore idraulico è un’opera di notevole valenza tecnica, per il periodo in cui fu realizzato, e di fondamentale importanza ancora oggi per l’irrigazione di un comprensorio agricolo di oltre 1100 ettari (4000 giornate piemontesi), nei comuni di Cigliano, Moncrivello, Villareggia e Borgo D’Ale, che si trovano a quote altimetriche più alte di qualunque fiume o canale della zona e dunque non potrebbero essere diversamente irrigati.   L’Elevatore Idraulico è di proprietà del Consorzio Irriguo di Cigliano-Borgo D’Ale-Moncrivello-Villareggia, con sede a Cigliano.
    Note tratte dal sito:
    https://www.mattiaca.it/elevatore/elidraulic.htm#calu ]


 


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