All’Etna... all’Etna...

(La nuova esperienza di cammino in Sicilia con gli amici della GM di Roma,
in varie località dell’isola e con la salita all’Etna)



"All’Etna... all’Etna..."

Escursioni organizzate dalla "Giovane Montagna" - sez. di Roma

28 Giugno - 1 Luglio 2007

Appunti di viaggio sulle escursioni in Sicilia


Cronaca a cura di Enea Fiorentini (sez. G.M. di Roma)

Una piccola premessa...



Il viaggio di andata in treno e l’incontro con gli amici e soci GM



Chi sono stati i partecipanti?



La visita di Siracusa e di Ortigia...


Le Latomie, molto diffuse in città e nei suoi dintorni, erano cave di pietra dalle quali si estraeva il calcare di colore bianco-grigio per la costruzione di monumenti sacri e di ville padronali, sin dai tempi greci.  Le Latomie ospitarono non solo minatori-schiavi ma anche prigionieri, catturati durante i combattimenti e gettati qui a lavorare e a soffrire una lunga agonia.  Col passare dei secoli, le volte e i pilastri che sostenevano queste grandi cave coperte (dei veri e propri antri oscuri), sono crollati a seguito di scosse telluriche ed enormi blocchi in pietra degli antichi tetti ora occupano la zona centrale delle cave.  Entrando il sole in queste grotte, l’intensa umidità fece prosperare una vegetazione lussureggiante, formata da limoni, cedri, aranci, palme, capperi, fichi d’India, bossi, oleandri, nespoli, ecc..  Le pareti che racchiudono questa zona sono verticali, alte ben oltre i venti metri e mostrano ancora i colpi di scalpello che le hanno incise.

Interno delle Latomie del Paradiso a Siracusa
(Foto di E.Fiorentini)

Il Teatro greco di Siracusa.
Costruito direttamente nella roccia del Colle Temenite, in una zona già sacra al tempo delle popolazioni sicule che qui veneravano il dio Apollo in un recinto sacro (in greco temenos), esso ha un diametro di 138 metri e sulle sue gradinate potevano sedere fino a 16.000 spettatori.   La cavea è costituita oggi da 46 gradoni (in origine erano 61) suddivisi in 9 settori (cunei) da 8 scale di servizio.   I gradoni più alti non erano scavati nella roccia ma formati da massi squadrati.   Quasi a metà della cavea è situato un pianerottolo (in greco diàzoma) che la percorre interamente.   Sul parapetto di questo pianerottolo sono incisi i nomi di alcune divinità, di Gerone II (a cui si deve questa costruzione o, secondo altre ipotesi, l’ingrandimento, dal 238 al 215 a.C.), di sua moglie Filistide e di sua nuora Nereide.   L’orchestra, cioè lo spazio piano oggi incluso entro la base della cavea, ora priva d’ornamenti, ha subìto molte modifiche e molti usi.   All’inizio qui era collocato il coro che commentava e accompagnava i fatti recitati dagli attori.   Le altre antiche strutture del teatro, come il palcoscenico, l’edificio scenico (che riproduceva il fronte di un lussuoso edificio ed era ricco di statue) e il loggiato che sovrastava la cavea, sono andate perdute a parte alcune statue di cariatidi oggi conservate al museo archeologico di Siracusa.   Oltre alle frequenti spoliazioni avvenute nel Medio Evo, un vero e proprio saccheggio fu perpetrato su ordine di Carlo V (dal 1526) e una buona parte dei gradoni sommitali della cavea furono smontati e utilizzati per la costruzione delle fortificazioni di Siracusa.   In alto, al centro della cavea, scende ancora l’acqua dell’antico acquedotto "Galermi" che attraversava il teatro già in età greca.   La sua acqua esce oggi in un mitreo e supera il teatro in canali sotterranei, ma nel ’500, quando l’acquedotto (lungo decine di chilometri) fu riattivato, servì per lunghi anni al funzionamento di mulini che erano stati costruiti proprio sulla cavea.   Questi ultimi furono rimossi solo a metà del 1800.

 
Ingresso della Grotta dei Cordari,
nella Latomia del Paradiso a Siracusa
(Foto di E.Fiorentini)
Il Teatro greco di Siracusa
di Gerone II (238 - 215 a.C.)
(Foto di E.Fiorentini)

Il nostro gruppo al Teatro greco di Siracusa
(Foto di E.Fiorentini)
La guida -Carlo- ci parla nel Teatro greco di Siracusa (16892 bytes)
La nostra guida Carlo ci parla nel Teatro greco
(Foto di E.Fiorentini)

Incisione di nomi di divinità e di "tiranni" locali
sul parapetto del pianerottolo nel Teatro greco;
in questa foto: "DIOS OLIMPIOS" (ZEUS - ndr)
(Foto di E.Fiorentini)
Fontana e acquedotto -Galermi- nel Teatro greco di Siracusa (18029 bytes)
La fontana dell’acquedotto -Galermi- che porta l’acqua
nel Teatro greco di Siracusa, da sorgenti distanti
decine di chilometri
(Foto di E.Fiorentini)

L’Anfiteatro Romano di Siracusa.
E’ un monumento d’epoca romana, datato dal II al IV secolo d.C., meno solenne del Teatro greco ma incorniciato da verdissimi cipressi.   La parte superiore della cavea è oggi scomparsa, travolta anch’essa dal tempo e dalle rapine, ma si può ancora capire la grandiosità di questa costruzione ellittica, con i diametri massimi esterni di m 140 e di m 119, superata solo, per ampiezza, dal Colosseo di Roma e dall’Arena di Verona.   Nell’anfiteatro si svolgevano per lo più spettacoli di combattimenti, tra uomini e tra uomini e belve, e di battaglie navali.   Una gran vasca, ancora visibile al centro dell’arena, provvedeva alle esigenze idrauliche dei giochi in questa struttura.   La vasca era collegata tramite un canale sotterraneo con un serbatoio d’acqua, di forma rettangolare e distinto in tre navate, anch’esso ancora visibile.

Anfiteatro Romano di Siracusa (sec. II - IV d.C.)
(Foto di E.Fiorentini)

La Piazza del Duomo e il Duomo di Ortigia.
Da più di 2700 anni questa piazza è destinata all’edilizia religiosa: la storia di questi luoghi traspare ancora dalle strutture della Chiesa, dove gli stili dei differenti conquistatori si sono soprapposti gli uni sugli altri senza cancellare le antiche vestigia.   Un primo tempio ionico fu eretto già nell’VIII secolo a.C., successivamente, intorno al 530 a.C., fu innalzato il secondo grandioso Athenaion il cui stilobate (piattaforma del tempio, ndr) misurava 55 x 22 metri.   In seguito (480 a.C.) il tiranno Gelone, per festeggiare la vittoria dei siracusani sui cartaginesi, fece abbattere le precedenti strutture e ordinò di costruire uno dei templi più ricchi e famosi dell’antichità classica, di cui ancora oggi se ne possono ammirare le colonne.   La maestosa opera dedicata alla dea Atena, si presentava con 14 colonne laterali appartenenti all’ordine dorico, lungo le pareti laterali vi erano affrescate scene raffiguranti le guerre di Agatocle e i volti di tutti i tiranni siracusani.   Le porte d’ingresso erano famose in tutto il mondo, fino allora conosciuto, ed erano caratterizzate da una finissima lavorazione d’oro e d’argento.   Il tetto era adornato da un’imponente statua di Atena che con il suo scudo dorato fungeva da faro per le navi in transito.   Il prospetto era rivolto a levante (nell’attuale Via Roma), in pratica all’opposto di quello attuale.   Da tempio greco, in epoca bizantina (535-879 d.c.), fu trasformato in chiesa ed accolse la cattedrale per opera del vescovo Zosimo.   Sotto la dominazione araba (879-1085 d.c.) fu riadattata a moschea islamica.   Con l’avvento dei normanni (1085-1195 d.c.) l’edificio fu nuovamente adibito al culto cristiano, e fu ripristinato l’arcivescovado di Siracusa.   Dopo il terremoto del 1169, i normanni ne ricostruirono il prospetto munendolo di un portale gotico, di un rosone e di un campanile; inoltre rivestirono l’abside di preziosi mosaici.   Il controllo della regione e di quest’area passò in seguito ai Pisani e poi ai Genovesi che crearono qui basi commerciali.   Il 1221 è l’anno in cui la città e tutta la regione passano nelle mani di Federico II di Svevia fino al 1266 quando subentrano gli Angioini fino al 1282.   Con le guerre del Vespro, la città passò agli spagnoli sotto due dinastie: l’aragonese e la castigliana che controllarono la città e la plasmarono fino al 1600.   Vari terremoti contribuirono a danneggiare le strutture del Duomo, ma quello del 1693 fece crollare la facciata principale normanna, così nel 1728 iniziarono i lavori dell’attuale prospetto barocco.   Quest’ultimo è opera di Andrea Palma, un architetto trapanese che allora rivestiva la carica d’architetto del senato di Palermo.   Nella navata di destra la fonte battesimale, è ricavata da un cratere greco (III sec. a.C.) adagiato su di un largo capitello marmoreo di età normanna, e circondato da otto leoncini di bronzo del XIII sec.

 
Colonne greche all’interno del Duomo di Ortigia
(Foto di E.Fiorentini)
Colonne greche all’interno del Duomo di Ortigia
(Foto di E.Fiorentini)

Antico cratere greco del III sec a.C.
utilizzato come fonte battesimale
(Foto di E.Fiorentini)
Stemma sul pavimento, con il disegno della
facciata normanna del vecchio Duomo di Ortigia
(Foto di E.Fiorentini)


Le escursioni





Il viaggio di ritorno...

Entriamo nella grande stazione di Messina che, a parte la zona bar, si presenta deserta con tutti gli uffici chiusi.
Ci sistemiamo sulla banchina e qualcuno ci avverte della novità.
Il treno delle ore 22,00 proveniente da Palermo, che aspettavamo con trepidazione, ha già un ritardo di 1 ora e 10 minuti.
Nessuno ci dà spiegazioni in merito.
Intravediamo una porta socchiusa nell’ufficio del traffico ferroviario, mettiamo dentro la testa e chiediamo qualche spiegazione.
La risposta è carica di fastidio e di maleducazione.
"Andate a chiedere spiegazioni allo sportello -Accoglienza Clienti- della Stazione...", ben sapendo che è chiuso chissà da quanto tempo.
Siamo in balia di un servizio "non-servizio", in sostanza di un muro di gomma che tratta i clienti come persone indesiderate e fastidiose.
Ogni tanto torniamo a vedere il tabellone e il ritardo aumenta ancora: da 1 ora e 10 min. passa a 1 ora e 20 min. poi ancora a 1 ora e 30 min. e, alla fine, ci mettiamo il cuore in pace e non andiamo più a controllare.
Sembra proprio una presa in giro.
Lascio che sia il giovane Andrea, aiutato da Giuliana a scrivere il resoconto di questa attesa in una falsariga comico-tragica e vi rimando al suo racconto qui accluso: la "Lettera a Trenitalia", per conoscere ulteriori e ilari dettagli.
Come Dio vuole, attorno alle ore 00 e 30 min, veniamo avvisati del prossimo arrivo del nostro treno.
Ci spostiamo sul binario giusto con i nostri bagagli e ci disponiamo nell’attesa.
Il treno arriva con tutta calma e finalmente possiamo prendere posto sulle nostre cuccette.
Il treno rimane fermo un bel po’ e non si può andare alla toilette, mentre lo scompartimento contiguo al nostro è allagato per una perdita d’acqua nell’adiacente locale del lavabo.
Ci siamo guardati e abbiamo sussurrato: "Bene! Siamo a casa, riconosciamo l’efficienza dell’andata...".
Sempre con molta calma, il treno cambia motrice e comincia a spostarsi avanti e indietro per raggiungere la banchina marittima per l’imbarco.
Un po’ alla volta il treno è sezionato e infilato sul traghetto.
Quando il nostro vagone si ferma nella pancia del traghetto, a turno saliamo sulla plancia superiore, per lavarci un po’ meglio nei bagni del traghetto (alcuni guasti e sporchi) e per prendere un po’ d’aria fresca, poiché nel vagone, durante questo transito, è stata tolta l’aria condizionata e quindi si muore dal caldo.
Ammiriamo per l’ultima volta la costa messinese illuminata, mentre ci allontaniamo e ci avviciniamo a quella calabrese.   Sempre con la stessa calma, avviene lo scarico dei vagoni a Villa San Giovanni e la loro ricomposizione in un unico convoglio.
Sono circa le ore 2 quando il treno riparte finalmente verso Roma e noi ci ritiriamo nelle cuccette senza tener conto delle ore di ritardo.
La notte passa tranquilla e raggiungiamo la stazione Termini di Roma alle ore 9 circa di lunedì 2 luglio.   Saluto gli amici che sono quasi... arrivati a casa ... e mi avvio al binario del treno per Torino, il mio viaggio non è ancora finito.
Sono fortunato, anche il treno per Torino ha una mezz’ora di ritardo e quindi non ho problemi per prenderlo.
Mi fermo alla testata del treno e mi metto in attesa di Rino che mi sta raggiungendo per consegnarmi alcune copie della nostra guida francigena...
Egli mi raggiunge e facciamo quattro chiacchiere nell’attesa del mio convoglio.
Finalmente il treno arriva, saluto Rino e salgo a bordo.
Parto alle ore 10 e 40 min e mi metto il cuore in pace, mi aspettano ancora 8 o 9 ore di viaggio.
Il viaggio di ritorno al nord non ha storia e arrivo a Torino.
Grazie al ritardo accumulato, perdo la più favorevole occasione per il treno delle 17,30 per Aosta.
Mi tocca aspettare ancora un’ora.
Salgo sul secondo treno e, alle ore 18,25, lascio Torino per raggiungere la stazione di Aosta alle ore 20,40.   Anche questa volta ho rischiato di battere il record delle 24 ore in treno!
Grazie ad un mio amico che mi aspetta alla stazione, riesco a far trasportare i bagagli e il sottoscritto rapidamente a casa.


Lettera a Trenitalia:
(a cura di Andrea e Giuliana, ma mai inviata - ndr)


un modo per allentare la tensione e per far passare le ore durante le attese e i ritardi nelle stazioni ferroviarie italiane.
Andrea
Giuliana

Caro Trenitalia,
siamo 30 viaggiatori entusiasti del servizio da voi elargito, grazie a voi, la nostra vacanza ha potuto svolgersi secondo i tempi e i ritmi previsti e ciò ha certamente contribuito al soddisfacimento dell’intera compagnia (come già detto, persone 30).
E non poteva essere che così.
Infatti, perchè abbiamo scelto di viaggiare con Trenitalia?
Partenza: Roma Termini -> Siracusa e ritorno: Messina -> Roma Termini.
La vostra propaganda soft, elegante e rassicurante ci ha convinto della scelta delle "Ferrovie Italiane" e della loro efficienza, puntualità e sicurezza.   Non c’è più bisogno, per vantare le nostre ferrovie di rifarsi al Ventennio "quando i treni arrivavano e partivano in orario".   Ormai il cittadino italiano può rinunciare al mezzo privato a favore di Trenitalia che garantisce puntualità e assistenza al cliente.
Purtroppo la nostra fiducia verso Trenitalia è stata tradita sia all’andata che al ritorno.

Andata:  Fieri e orgogliosi siamo partiti in orario serale da "Roma Ternini" per arenarci 54 Km dopo, ossia a "Latina", con un ritardo lievissimo di 3 ore, leggi 180 minuti, e abbiamo alzato le vele, non senza un piacevole scambio e cortese chiarimento con un vostro addetto il quale alla nostra domanda un po’ preoccupata, ha risposto:  "Ma che pijate a fa i treni ?"
Represso un moto di stizza ci siamo sentiti un po’ in accordo con voi quando abbiamo saputo che la causa del ritardo stava nell’interruzione della linea elettrica tranciata da un pantografo.
Consapevoli della seria difficoltà, siamo andati zitti e buoni a nanna.
Al nostro risveglio niente colazione: solo un caffè o cappuccio, e morsi alle mani poiché dei cornetti neanche l’ombra.  Ma grazie alla solarità del nostro carattere, il nostro soggiorno in Sicilia è trascorso ottimamente.

Ritorno:  Mentre scrivo la presente siamo accampati alla stazione di Messina, sono le ore 22.10 e sappiamo che il nostro treno per Roma delle ore 22.00 è in ritardo di un’ora e 10 minuti.
"Quisquilie" penserete, in confronto alle 3 ore di sosta dell’andata!
Dobbiamo però confessare che la nostra fiducia nei vostri confronti ha subìto un fiero colpo.
Comunque, dopo un iniziale sgomento, siamo andati alla ricerca di un luogo dove poter sostare in attesa del treno, ci siamo seduti sotto le pensiline, non c’erano sale di attesa praticabili, tutto era serrato, cioè chiuso a doppia mandata o inagibile.
Siamo passati alla fase delle telefonate: padri, madri, figli, nonni, fidanzate, mogli, mariti, amici, parenti, capo ufficio, tutti sono stati informati dell’accaduto, c’è anche chi ha la coincidenza ferroviaria a Roma!
Qualcuno poi, temerariamente, ha chiesto le ragioni del ritardo al personale di turno con risposte esaurienti ed amorevoli:
"Noi non siamo tenuti a dare informazioni!"
Ma non ci sarà un responsabile ?
"Noi non siamo neanche delle ferrovie, si rivolga all’accoglienza clienti!"
Accoglienza clienti ?    Chiusa!
Ritorniamo allo sportello:   "Potrei sapere le ragioni del ritardo?"  è la domanda cortese di uno di noi, con questa risposta:
"Che cosa cambia saperlo ?   Si è rotto il locomotore!"
Ora sono le ore 22.30 e il pannello informativo annuncia che il ritardo è stato incrementato di altri 20 minuti (totale 90).
A questo punto il nostro sentimento prevalente è la sfiducia, la rassegnazione e la rabbia.

Sono le 23.00 e le toilettes sono tutte chiuse...

Riusciranno i nostri eroi a tornare a casa?
Cordiali saluti.

G.M.

[Il resto dell’attesa e del viaggio verso il nord è spiegato nella parte principale del testo - ndr]


Panorama sullo Stretto di Messina e sulla costa calabrese, dalle creste dei Peloritani
(Foto di E.Fiorentini)

La conclusione di questa Cronaca

In conclusione di questa "Cronaca", non posso dimenticare di inviare il mio saluto a tutti gli amici romani che sono stati i miei compagni in questa occasione.
Posso dire che è stato un gran piacere di incontrarvi ancora in una bella occasione di cammino insieme.
Inoltre, non posso terminare questo testo senza inviare un grande "Grazie" agli organizzatori di questo viaggio, Filiberto, Luigi e Geppi e a tutte le guide locali che ci hanno fatto conoscere dei posti "unici" della Sicilia orientale.
Se nel futuro organizzerete ancora escursioni di questo tipo, sarò ancora con voi.

Enea Fiorentini
(Sezione GM di Roma)
(Cronaca finita di scrivere ad Aosta il 23/7/2007 - Aggiornamento foto del 1/7/2008)



Effetti pirotecnici durante l’eruzione dell’Etna del 1983
(Foto di G.Lombardo - Geppi -)

 


L’impressionante recente colata nella Valle del Bove, vista dalla sua fronte il 15-6-2008
(Foto di G.Lombardo - Geppi -)




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Aggiornamento - 01/07/2008